Ciò che prima si riteneva "oggettivo" e rigidamente governato da "leggi deterministiche" oggi viene visto come infinitamente variabile e interconnesso a tutti gli esseri!!!
Questo è un blog atto a valutare le molteplici possibilità: per riuscire a vedere oltre il velo dell' ILLUSIONE!!!
Si chiamano telomeri le piccole porzioni di Dna che si trovano alla fine
di ogni cromosoma. La parte terminale del Dna è molto instabile: si
degrada chimicamente ed è soggetta a ricombinazioni più frequenti del
resto della molecola. La funzione dei telomeri è quella di impedire
all’elica di sfibrarsi. In pratica agiscono come le protezioni di
plastica (o di cera) che si trovano alla fine dei lacci delle scarpe. I
telomeri non contengono informazioni genetiche significative per
l’espressione di una certa caratteristica. Hanno invece un importante
ruolo (non ancora del tutto compreso) nel determinare la durata della
vita di ciascuna cellula. Per esempio, si accorciano costantemente a
ogni duplicazione. Sono costituiti da un gruppo caratteristico di
nucleotidi, i mattoni base del genoma (cioè timina, adenina, guanina e
citosina). Nella maggior parte dei mammiferi la sequenza telomerica è
sempre la stessa, ed è TTAGGG. Alcuni ricercatori sostengono che sarebbe
sufficiente rifornire di telomeri la cellula per allungarne la vita.
I
telomeri sono stati portati all'attenzione del grande pubblico da
quando si è incominciato ad associarli al processo d'invecchiamento.
L'invecchiamento è un complesso fenomeno di degenerazione delle capacità
vitali dell'organismo che, anche in assenza di malattie, porta alla morte.
Si deve quindi notare che, nonostante alcuni luoghi comuni e pregiudizi,
l'invecchiamento non è necessariamente associato alla malattia o a patologie
più o meno invalidanti, in quanto i suoi effetti, in termini di diminuite
prestazioni psicofisiche, sono osservabili anche in individui perfettamente
sani.
Gli enormi passi che la genetica sta compiendo hanno fatto nascere
entusiasmi forse ingiustificati nello studio delle strategie anti-età.
Infatti:
a) i risultati della ricerca non sono ancora consolidati; ciò significa che
delle centinaia di ricerche che sono condotte in tutto il mondo e i cui
risultati compaiono sulle riviste specializzate, solo alcune diventeranno
fondamentali, cioè saranno tradotte in un risultato pratico. Molte altre
saranno ridimensionate oppure smentite da una migliore comprensione dei
processi dell'invecchiamento.
b) Occorre distinguere fra esperimenti su animali ed esperimenti sull'uomo.
La generalizzazione dei risultati alla specie umana non è per nulla
scontata.
c) Occorre distinguere fra risultati parziali (su una parte dell'organismo)
e risultati totali. Prolungare l'efficienza di un organo non significa
necessariamente aumentare la longevità dell'organismo, così come
l'immortalità cellulare non significa l'immortalità dell'uomo.
I telomeri sarebbero orologi biologici: in seguito alla riproduzione
cellulare la loro lunghezza si riduce progressivamente fino a quando non
riescono più a esplicare la loro funzione protettiva nei confronti dei
cromosomi. Le cellule quindi non riescono più a riprodursi correttamente,
invecchiano e muoiono. Alla base del processo c'è un enzima (la
telomerasi, scoperta nel 1985 all'università di Berkeley). Ogni volta
che una cellula si duplica rimette una sequenza di telomeri. Quando ha dato
fondo alle sue sequenze muore. La telomerasi può scongiurare questo destino
sintetizzando (duplicando) sempre nuove sequenze telomeriche. Purtroppo
nelle cellule somatiche l'attività telomerasica tende a scomparire e questo
sembra provocare il fenomeno dell'accorciamento delle estremità dei
cromosomi che sembra correlato all'invecchiamento.
Quando il telomero finisce, la cellula
muore o prende la via dell'apoptosi (ciò lega la teoria dei telomeri anche
al cancro) a causa di molecole come la proteina p53. Per garantire un
efficace ricambio cellulare, in ogni caso, in molti tessuti dell'organismo
sono presenti cellule staminali, che mantengono la corretta lunghezza dei
telomeri attraverso la presenza di telomerasi attive.
Questa teoria lascerebbe poco spazio alle difese che l'individuo può attuare
contro il suo orologio biologico: solo l'ingegneria genetica potrebbe
modificare le cose. Infatti alcune ricerche hanno dimostrato che in alcuni
casi è possibile attivare la telomerasi o bloccarla e, conseguentemente,
fermare l'orologio cellulare.
Nel 1996 la clonazione della pecora Dolly mise in allarme gli studiosi che
erano alla ricerca dell'elisir dell'eterna giovinezza: la pecora era nata
"vecchia", simile alla madre da cui era sta clonata. Per fortuna, quattro
anni più tardi, si è visto che le cellule di sei vitelli clonati nel centro
di ricerca dell'Advanced Cell Technology di Worcester
(Massachusetts) erano più giovani di quelle da cui erano stati clonati:
analizzando i loro telomeri si è visto che erano più lunghi rispetto a
quelli dei soggetti di partenza.
Nel 2003 i ricercatori hanno scoperto che nell'uccello delle tempeste
codaforcuta (Oceanodroma leucorhoa) i telomeri si estendono in
maniera via via maggiore con l'invecchiamento dell'organismo.
Lo studio di Joeng (2004) prendeva in esame due insiemi di vermi (Caenorhabditis
elegans), aventi come unica differenza la lunghezza dei telomeri; la
ricerca ha dimostrato che l'estensione dei telomeri può allungare la vita. I
vermi con i telomeri più lunghi hanno evidenziato un'aspettativa di vita
mediamente superiore del 20%.
Tuttavia i limiti dell'ingegneria genetica riguardano il fatto che questi
esperimenti sono stati fatti su specie sicuramente molto meno evolute di
quella umana. Inoltre non è detto che ottenere singole cellule immortali
corrisponda automaticamente ad avere organismi complessi immortali. In
altre parole, la generalizzazione alla specie umana e all'intero
organismo (corpo e mente) è un passaggio logico per niente scontato.
In ogni caso l'evento che ha accresciuto l'importanza della teoria dei
telomeri è stato l'annuncio dell'università del Texas e della Geron
Corporation (1998) di aver inserito la telomerasi in una cellula umana,
ottenendo telomeri più lunghi e un rallentamento della senescenza cellulare.
Telomeri e Dna svelano
come le cellule invecchiano
L'invecchiamento cellulare è il prezzo che l'organismo paga per non rischiare di ammalarsi. Un
meccanismo che sta diventando sempre più chiaro agli scienziati che
studiano i telomeri, le estremità dei cromosomi. I telomeri sono veri
cronobiografi della cellula, si accorciano ad ogni nuova duplicazione,
segnando così l'inesorabile passaggio del tempo. Partendo da queste
conoscenze, i ricercatori dell'Ifom di Milano guidati da Fabrizio d’Adda di Fagagna
hanno aggiunto un altro tassello alla comprensione di questi processi:
il Dna dei telomeri, a differenza di altre regioni della cellula, è
irreparabile, e questo potrebbe essere un nuovo campanello d'allarme che
precede l'invecchiamento. E' la scoperta pubblicata dal team di d’Adda
di Fagagna su Nature Cell Biology.
Il processo è diventato più chiaro esaminando alcune cellule specializzate,
come i neuroni, che non si dividono, non vedono quindi "accorciarsi" i
loro telomeri, eppure accumulano danni al Dna e fanno scattare l'allarme
"senescenza". Come fanno queste cellule a capire che invecchiano?
Quello che "sapevamo dell'invecchiamento cellulare", dice a Salute24 lo
scienziato, è che "esso ha una base molecolare, per cui le punte dei
cromosomi, i telomeri, si accorciano, fino al punto in cui suona un
allarme: la cellula si accorge così che non può più proliferare e
invecchia". Da qui l'interrogativo, "poiché - continua il ricercatore -
tutto ciò non aiuta a spiegare il comportamento di alcune cellule, i
neuroni, ma anche delle cellule del fegato, che pur non proliferando
subiscono le stesse lesioni al Dna". L'ipotesi di studio ha preso il via
"osservando attentamente le cellule dopo eventi di danneggiamento,
quando ci siamo accorti che in alcuni punti del genoma rimanevano accesi
i caratteristici allarmi, senza che le lesioni venissero riparate",
afferma D'Adda di Fagagna. Si tratterebbe, in sostanza, di un sistema di auto-protezione,
perché "riparare, di fatto, consiste nel mettere assieme o fondere
estremità separate di Dna". I i telomeri, invece, vengono tenuti fuori
dall'"officina" di riparazione molecolare al lavoro nell'organismo,
perché "se, invece, a essere scambiate per estremità da riunire fossero
le parti terminali dei cromosomi - sottolinea - si avrebbe una fusione
tra cromosomi anomala, indesiderata dalla cellula, che metterebbe a
rischio la stabilità e l’organizzazione dell’intero genoma". Analoga protezione vale per il cancro.
"Le cellule che invecchiano cessano di proliferare, dividersi e
duplicarsi, - aggiunge lo scienziato - e questo mette un freno alla
proliferazione delle cellule cancerogene". Un campo di studio nel quale
si dispiega la parte più importante del lavoro del team al lavoro nei
laboratori dell'Ifom, del quale fanno parte le ricercatrici Marzia Fumagalli e Francesca Rossiello.
"Comprendere appieno i meccanismi precursori del tumore - conclude
Fabrizio d’Adda di Fagagna-, oppure bloccare l'invecchiamento cellulare
modulando i sistemi di segnalazione dei quali stiamo studiando i
segreti".
La quantizzazione del
CONTINUO dell’energia col prodotto Hf, dove f è la frequenza caratteristica del
sistema preso in considerazione e H è la costante fondamentale di Planck.
È un concetto che vale per il
micromondo, ovvero quel mondo che non si percepisce coi sensi ma con la
struttura matematica.
Il limite sta in questo,
nella struttura matematica. Perché è una struttura dualistico-simbolica e come
tale subisce l’anomalia simmetrica[1].
Il quanto (grano), come
concetto razionalizzabile in un’equazione costante di proporzionalità (E = hf),
non è sostenibile; non perché distrugge il concetto di CONTINUO INFINITO (già
frutto della percezione anomala), ma in quanto razionalizzazione formale
simmetrica, e accordatesi con il concetto di Entanglement, quando quest’ultimo
lo s’interpreta erroneamente come “simmetria speculare”. Se matematicamente si
approva la risoluzione concettuale del continuo, non può esistere ad un tempo la
risoluzione concettuale di un quanto. È un concetto di cui la natura non può
fare a meno solamente all’interno del suo “microcosmo”, ovvero nel mondo delle
molecole e degli atomi dei fotoni e degli elettroni, cioè in un mondo non
percepibile coi sensi ma solo con la struttura matematica, con tutto quello che
ne concerne, ma il vero problema è la sua interpretazione
simmetrica-razionalizzata.
In questo senso i “quanti”
sono solo un artificio matematico e solo in questo senso.
È LA QUANTIZZAZIONE IN REALTÁ
AD ESSERE UN LIMITE NEUROLOGICO-PERCETTIVO O LA LORO RAZIONALIZZAZIONE
SIMMETRICA?
Il quanto è concettualmente
la distruzione del continuo, l’energia non aumenta o diminuisce in modo continuo
(e in questo contrasta con l’anomalia percettiva), ma sempre per multipli di un
“quanto” di base, calcolata nel prodotto hf , dove h ha un valore preciso
costante e finito. I salti energetici quantistici, calcolati in un modo
assolutamente simmetrico in base al prodotto hf, rientrano nell’anomalia e per
questo motivo ritengo la meccanica quantistica, in questa interpretazione, una
fisica “simmetrica”, che rientra ancora nel “Dio che non gioca ai dadi”.
Da questo punto di vista,
l’Entanglement che riusciamo a percepire è un concetto limitato e cognitivamente
ambiguo.
Il limite cognitivo è
principalmente dato dalla percezione FOTONICA e dalla sua Specificità, che è
essenzialmente caratterizzata dal fatto che l’energia del fotone e la quantità
di moto sono eguali e ciò equivale affermare che la massa a riposo è
inesistente, ma questo succede quando la particella si ferma. Ma quando si
ferma? Mai! Quindi ha una massa e, in quanto tale, subisce gli effetti
gravitazionali, e sono tali effetti che influiscono sulla percezione.
Se riprendiamo la formula di
Planck-Einstein E=h f, se il fotone è una particella e se in quanto tale ha
energia e quantità di moto, la sua energia si misura con la costante della
formula di Planck-Einstein moltiplicata per una certa frequenza. La quantità di
Moto del Fotone è invece h divisa per la lunghezza d’onda p = h/lunghezza
d’onda. Morale della favola, fatti tutti i calcoli specifici, risulta che
l’energia di un fotone e la quantità di moto sono uguali, ossia c=1.
Come afferma Kenneth W. Ford:
“I fotoni sono un caso strano: si muovono sempre alla stessa velocità c, e
possiedono un’energia cinetica pur avendo una massa nulla. Poiché non possono
essere rallentati o fermati (ma possono venire distrutti) non possono mai avere
un’energia cinetica nulla, e poiché non hanno massa non hanno energia a riposo.
Sono creature puramente cinetiche”[2].
FOTONI E QUANTI.
“Usando la terminologia
moderna: i fotoni creati (emessi) in un salto quantico nucleare sono di
frequenza ed energia maggiore rispetto ai fotoni creati ed emessi in un salto
quantistico atomico.
Nel 1905 Albert Einstein
aveva ripreso una formula proposta cinque anni prima da Max Planck, E = hf,
interpretandola come una legge di proporzionalità tra l’energia E trasportata da
un fotone e la frequenza f della vibrazione elettromagnetica ad esso associata,
in cui h, la costante di Planck, rappresenta la costante di proporzionalità.
“Dunque, se un fotone ha energia doppia rispetto ad un altro, ha anche la
frequenza doppia. Se il fotone di un raggio gamma ha un’energia mille volte
maggiore di quella di un fotone di luce visibile, anche la sua frequenza è mille
volte maggiore. Poiché h è molto più piccola in unità di misura macroscopiche,
anche l’energia E di un singolo fotone è molto più piccola. Ma non è zero! Nella
radiazione di frequenza non esistono porzioni di energia inferiori a quella di
un singolo fotone, data da hf/”[3].
La simmetria fra fotone e
frequenza rientra nell’anomalia percettiva legata al gravitazionale[4].
I livelli di energia secondo Planck sono quantizzati, ovvero l’energia non
cresce o diminuisce in modo continuo ma per un quanto di base. Quanto, per
Planck, è il prodotto di hf. Questo prodotto del salto quantico così inteso, fa
rientrare tale fisica in una perfetta ANOMALIA PERCETTIVA SIMMETRICA. E=Hf è una
costante proporzionalità e in quanto tale non probabilistica.
IN QUESTO MODO LA MECCANICA
QUANTISTICA APPARE DETERMINISTICA, ED È PERFETTAMENTE COERENTE CON LA GEOMETRIA
ALLA BASE DEGLI OGGETTI FRATTALI PERCHÈ I QUANTI, COME GLI OGGETTI FRATTALI,
SONO IL SUPERAMENTO DEL CONTINUO COL METODO DELLA COSTANTE PROPORZIONALITÁ. ALLA
BASE C’È IL LIMITE NEUROLOGICO DELLA FORMULA DI PLANCK-EINSTEIN, CHE CONDUCE
NUOVAMENTE AD UNA LOGICA SIMMETRICA CHE SI VOLEVA EVITARE.
Solitamente, alla stato
quantistico vengono conferite dimensioni infinite molto diverse dallo spazio
tridimensionale. A volte lo stato quantistico viene rappresentato come un’onda
che si muove nell’ordinario spazio tridimensionale, rappresentazione fuorviante,
giustificata dal fatto che deve rientrare nello spazio ordinario 3d, il solo
modo per dare all’osservatore l’informazione percettiva senza tener conto
dell’anomalia.
In questo caso il 3d è il
limite cognitivo a cui non posiamo sottrarci. Ciò concorda con il limite
intrinseco alla geometria frattale, che vuole rappresentare il probabilismo
Asimmetrico del reale usando illimitati piani tridimensionali. Ma questo
conferma una cosa: l’inconsistenza esperienziale della meccanica quantistica. Lo
stato matematico astratto, nel quale è contenuta la sua concettualità, è sotto
l’egida dello stesso limite. Questa limitazione, cognitivo-percettiva,
Heisenberg non la riconosce e la identifica con: IL PRINCIPIO DI
INDETERMINAZIONE.
IL PRINCIPIO DI
INDETERMINAZIONE E LO SPAZIO ORDINARIO.
Il limite percettivo coincide
con l’indeterminazione, tale limite è segnato dallo spazio ordinario
tridimensionale. Il 3D, come sappiamo, coincide con l’ultimo passaggio del
dualismo percettivo causato dalla struttura percettiva deviata[5].
Da questa prospettiva, quando definiamo concettualmente il “Quanto”, tale
concettualità distrugge il continuo producendo spazialità infinite ma
sovrapposte in perfetta coerenza con la geometria frattale, perché le colonne
d’Ercole rimangono infiniti spazi sovrapposti tridimensionali. Quando lo stato
quantistico viene rappresentato in modo ordinario, lo spazio è sempre
tridimensionale e simmetrico, nelle costanti di base. L’unico spazio possibile è
quello infinito in tutte le direzioni e adimensionale. Ma all’interno di una
tale ipotesi, la meccanica quantistica non ha alcun senso, perché qualsiasi cosa
si immagini passa sempre sotto il bavaglio-limite dell’anomalia simmetrica.
Se la quantistica viene
sempre utilizzata per le cose molto piccole, è perchè queste ultime sfuggono
alla percezione diretta ma non al limite simmetrico della struttura matematica.
In pratica, il principio di Heinsemberg è da far coincidere col limite
percettivo, in questo modo non si può che essere d’accordo con Lee Smolin quando
afferma: “Il principio di indeterminazione di Heisemberg limita l’informazione
che possiamo ottenere su qualunque sistema alla metà esatta di quel che ci
servirebbe per averne una descrizione completa. Abbiamo sempre una qualche
possibilità di scegliere quale informazione preferiamo avere. Ma per quanto ci
si possa sforzare, non si potrà mai superare quel limite”[6].
MISURA E PRINCIPIO DI
INDETERMINAZIONE.
Vale a dire, ad esempio: non
si possono misurare per H. contemporaneamente la posizione e la quantità di moto
di una particella subatomica…..(Baker).
Identificare l’osservatore
con la misura, è un grosso limite interpretativo di un principio intuitivo
sacrosanto. Anche in questo caso non risolvibile all’interno della struttura
matematica.
In questa identificazione sta
il limite e la grandezza della nuova fisica. Grandezza in quanto è la prima
volta che si mette in discussione l’oggettività dell’osservatore, limite perché
si identifica quest’ultimo con la misura matematica e non si va oltre. La natura
probabilistica affibbiata alla meccanica quantistica deriva dalla posizione,
dalla velocità, dall’energia. Il tempo di una particella è definito in termini
probabilistici, ma a mio avviso non basta che un’equazione matematica come
quella di Schrodinger, che descrive le probabilità che una particella si trovi
in un certo luogo o possieda una certa energia, per definire tale proprietà
racchiusa nella funzione d’onda e per identificare tale probabilità con l’intera
struttura fisica, rilevata da un’equazione che, in quanto tale, mantiene una
struttura simmetrica.
In questo caso vale sempre
l’errore simmetrico dei fisici, prima non esisteva il soggetto, ora non esiste
l’oggetto, nel senso che è l’equazione a determinare la struttura del reale e
non viceversa.
Per Heisemberg “la
traiettoria di una particella subatomica si crea solo quando la osserviamo”. Ora
qui si pone il problema solito della scienza. La non dialetticità, per secoli,
garantisce un oggettivismo estremo alla Newton o addirittura, all’opposto, le
particelle creano la propria traiettoria nel momento in cui l’osserviamo. Si è
passati da un mondo meccanicistico ad un mondo probabilistico, l’irrisolto
rimane la dialettica Soggetto-Oggetto, dualismo processuale che si intuisce
soltanto sul piano psiconeurologico-percettivo, ma che si risolve solo a livello
strutturale.
Sul problema sono tornati
Einstein e Bohr, ma a mio avviso non potevano risolverlo all’interno della
struttura matematico-fisica, perché va oltre. Come afferma Smolin, il problema
vero stava nell’ .:.”l’oggettività dell’osservatore unico. Einstein credeva che
lo scopo della fisica fosse quello di costruire una descrizione del mondo, quale
esso è e sarebbe anche se noi non ci fossimo. Bohr credeva che una cosa del
genere fosse impossibile. Per lui la fisica era un’estensione del linguaggio
comune, utilizzata per comunicarsi i risultati delle osservazioni della natura”[7].
In un certo senso, con l’ EPR Einstein dimostra che la coincidenza fra
meccanica quantistica e natura è incompleta. Ma questo non dimostra affatto che
nella fisica deterministica accada realmente. La domanda vera è se nella fisica
, sia essa classica o relativistica, le concettualità di fisicaenatura coincidano realmente oppure se la coincidenza non sia che il
riflesso della nostra percezione anomala su di essa.
IL PRINCIPIO DI
INDETERMINAZIONE COME PROTEZIONE ULTIMA DELLA INTERPRETAZIONE QUANTISTICA
ORTODOSSA.
Il dubbio di Feynmam: “Ma se
venisse scoperto un modo di sconfiggere il principio di indeterminazione, la
meccanica quantistica darebbe risultati incoerenti e dovrebbe venire abbandonata
come valida spiegazione della natura”[8].
PRINCIPI BASE DELLA MECCANICA
QUANTISTICA.
“Feynmam si chiede: “Come
funziona? Qual è il meccanismo dietro alla legge? ” …” Abbiamo parlato della
probabilità che un elettrone arrivi in un certo punto in una data circostanza, e
abbiamo dato per scontato che nel nostro apparato sperimentale (o perfino nel
miglior apparato possibile) sarebbe impossibile prevedere esattamente cosa
succede: possiamo solo calcolare la probabilità. Ma se questo è vero, significa
che la fisica si è arresa, nella sfida per prevedere cosa succederà in una data
circostanza. Ebbene sì. La fisica ha gettato la spugna. Non sappiamo prevedere
cosa succederà in una data circostanza, siamo anche convinti che sia
impossibile, e che l’unica cosa prevedibile sia la probabilità dei diversi
eventi”[9].
IL PROBABILISMO NON
CONTRASTRA LA SIMMETRIA IN FISICA, SE SI INTERPRETA QUEST’ULTIMA COME SIMMETRIA
PROCESSUALE, DA NON CONFONDERE CON LO SCHEMA LIMITATIVO DELL’ANOMALIA
PERCETTIVA.
Questo ci pone sul piano
dell’Entanglement, ovvero sul piano di una simmetria superiore. In questo
caso “Dio gioca sempre ai dadi”, ma li gioca in modo diverso. L’entanglement è
davvero il più grande mistero della fisica: la sua risoluzione coincide
inesorabilmente con la fine delle interpretazioni ortodosse delle fisiche
moderne, prospettando un DETERMINISMO SUPERIORE.
IL PROBABILISMO NON INTACCA
LA REALTÁ, CHE RIMANE ANCORATA E DETERMINISTICA SE QUESTA È IDENTIFICATA IN MODO
DIALETTICO PROCESSUALE.
Ecco il concetto di
determinismo che ho in mente, un determinismo che ha risolto l’anomalia
soggetto-oggetto, che non è dato una volta per tutte ma che è determinato nella
sua processualità. Un determinismo che sa distinguere fra percezione della
realtà e realtà. Non bisogna pensare alla simmetria come ad un’omogeneità
spaziale legata all’invarianza delle leggi naturali (invarianza-simmetria).
Secondo i fisici questo principio di invarianza è legato alle leggi universali
naturali e alla simmetria.
Simmetria, invarianza,
conservazione, determinismo, in questa interpretazione sono perfettamente
coerenti. Alla base di questa concezione non dialettica del reale, questo tipo
di struttura ferrea, con la quale Dio si serve per non giocare ai dadi, non
concede possibili cambiamenti.
Questa concezione della
simmetria del reale ha partorito due fisiche contrapposte ed incomplete. Alla
base abbiamo la concezione Newtoniana, dove il momento soggetto-oggetto
erano un tutt’uno. Con la disgregazione di tale concezione nella Fisica
eisteniana, il Punto di vista soggettivo ha acquistato autonomia solo apparente,
poiché la tendenza ultima del relativismo einsteniano non è mai stata la
negazione di una natura considerata comunque indipendente e oggettiva, a
prescindere dal punto di vista soggettivo. Questo non succede nella fisica
quantistica, dove si arriva al punto di affermare che l’osservatore modifica la
traiettoria di una particella. Qui, il grave errore soggettivo simmetrico sta
nel fatto che la percezione sul reale viene scambiata con la realtà stessa. Lo
sbizzarrirsi del probabilismo avviene sul piano della percezione ma la realtà
rimane saldamente deterministica. Il materiale su cui si discute nella fisica
quantistica non appartiene alla realtà ma alla sua anomala percezione.
INVARIANZA
- SIMMETRIA - CONSERVAZIONE.
Questa triade è alla base
della ferrea barriera percettiva di tutta la fisica, sia di quella newtoniana
che identifica la realtà percettiva con queste categorie, sia di quella
relativistica che gira intorno a questo blocco da punti di vista diversi, sia
della quantistica che costruisce una realtà matematica parallela tentando di
ignorare il tutto. In questo modo si conserva l’invarianza delle leggi naturali.
La simmetria, secondo i fisici, si può concepire soltanto con l’invarianza e la
conservazione. In questo modo si possono formulare le leggi naturali.
Questa triade è il prodotto
dell’anomalia percettiva, che la struttura matematica incarna perfettamente.
Contro questo scoglio non si
va da nessuna parte. Questa concezione dell’oggetto fisico manca di un valore
essenziale: “l’evoluzionedialetticadelreale”.
Questo quarto concetto ci dà una visione più alta della simmetria, oltre l’
anomalia percettiva, oltre la relatività e la quantistica, in una realtà non
decifrabile perché è al di là degli odierni limiti percettivi. La conservazione
blocca il processo, i fisici attuali legano la simmetria alla legge di
conservazione. Tale simmetria non combacia con la “natura” ma con la visione
fisico-matematica, che viene scambiata per natura.
LA VISIONE FISICO-MATEMATICA
DELLO SPAZIO RIENTRA IN UNA CONCEZIONE STATICA DELLA SIMMETRIA.
I fisici affermano
l’omogeneità dello spazio, principio teorico non rispettato, perché uno spazio
omogeneo si ha solo quando è completamente unitario e infinito in ogni sua
parte, oltre la simmetria dell’invarianza e della conservazione. Tale simmetria
è perfettamente in linea con la struttura logico-simbolica della matematica. Un
Dio simile non gioca ai dadi, ma non li gioca alla maniera di un Dio Egiziano
pietrificato.
LA QUANTIZZAZIONE COME
CONCETTUALITÀ IRRISOLTA FRA ONDE E PARTICELLE.
La questione dualistica se la
sono posta in molti, de Broglie è quello che ha messo in luce l’ambiguità. La
cosa che notò è il fatto essenziale che la quantizzazione avviene con le onde e
non con le particelle. Un risultato interessante di de Broglie è la
consapevolezza che la lunghezza d’onda, che si ottiene con la circonferenza
dell’orbita circolare dell’elettrone (Bohr), gli suggerì la natura ondulatoria
dell’elettrone.
La posizione di de Broglie
risolveva, a mio avviso, il dualismo superando l’ostacolo insormontabile di
quest’ultimo, che è l’interpretazione dell’onda che descrive l’elettrone
rappresentato dalla concezione spaziale in 3D.
Schemi dell’elettrone di de
Broglie.
CONNESSIONE TRA FUNZIONE
D’ONDA E PROBABILITÀ
Il dualismo onda-particella e
il legame onda-probabilità sono interconnessi.
Schema sulla funzione d’onda.
Pag.210 Ford.
I salti quantici
dell’elettrone appaiono tali in 3D, come i frattali, e sono succubi della stessa
anomalia dualistica di base che si riflette anche nel dualismo onda-particella.
L’elettrone non decide affatto “dove saltare”, ma “salta” precisamente secondo i
risultati neuropsicologici, che conducono alla percezione simmetrica del reale
perfettamente coerente con la struttura matematica. L’interconnessione della
struttura con l’innegabile dualismo, è la riprova che il probabilismo abbia la
stessa origine dall’anomalia percettiva. La stessa che ha generato la simmetria
non probabilistica è la stessa “anomalia simmetrica”.
Vale a dire, al suo vertice
estremo, per preservare il concetto simmetrico, la struttura può anche diventare
asimmetrica e probabilistica per difendere il suo carattere dualistico speculare
all’interno dell’anomalia. R. Feynman, quando era ancora studente all’università
di Princeton, un giorno al suo relatore disse, a proposito del dualismo
onda-particella: “Possiamo buttar via le onde: bastano le particelle”. Feynman
si era reso conto che poteva raggiungere risultati altrettanto corretti
sostituendo l’onda con un numero infinito di ipotetici percorsi delle
particelle.
The Hutchison Effect: Una Spiegazione - (Mark A. Solis)
La gente
spesso chiede, "Cosa e' esattamente l'effetto Hutchison?" Questo breve
saggio e' un tentativo di rispondere a quella domanda per soddisfare la
maggioranza. Prima di tutto, l'effetto Hutchison e' un'insieme di
fenomeni scoperti casualmente da John Hutchison durante i tentativi di
studiare le onde longitudinali di Tesla nel passato 1979. In altre
parole, l'Effetto Hutchison non e' semplicemente un effetto singolare.
E' molto di piu'.
L'Effetto Hutchison si verifica come il
risultato di interferenze di onde radio in una zona di spazio
volumetrico avvolto da sorgenti di alto voltaggio, solitamente un
generatore Van de Graff, e due o piu' bobine di Tesla.
Gli effetti
prodotti includono levitazione di oggetti pesanti, fusione di materiali
dissimili come metallo e legno (esattamente come ritratti nel film,
"l'esperimento Philadelphia"), il riscaldamento anomalo di metalli senza
bruciare i materiali adiacenti, rotture spontanee di metalli (i quali
si separano con modalita' di scorrimento laterale ), e cambiamenti sia
provvisori che permanenti nella struttura cristallina e delle proprieta'
fisiche dei metalli.
La levitazione di oggetti pesanti
dall'Effetto Hutchison non e' - ripeto non e' - il risultato di semplice
levitazione elettrostatica o elettromagnetica. Dichiarare che queste
forze da sole possano spiegare il fenomeno, e' palesemente ridicolo e
confutato facilmente solo provando ad utilizzare tali metodi per
duplicare quello che l'Effetto Hutchison ha ottenuto, che e' stato
documentato bene sia su film che su videotape ed e' stato presenziato
molte volte da numerosi scienziati e ingegneri forniti di credenziali.
Gli
sfidanti devono notare che il loro apparato deve essere limitato
all'uso di 75 watt di potenza da una 120 Volt AC di uscita, come quello
che e' tutto cio che usa l'apparato di Hutchison per fare levitare una
palla di cannone da 60 pound (27,2 Kg).
La fusione di materiali
dissimili, che e' estremamente eccezionale, indica chiaramente che
l'Effetto Hutchison ha un'influenza potente sulle forze di Van der Waals
(nota 1). In una contraddizione impressionante e sconcertante, le
sostanze dissimili possono riconciliarsi semplicemente "insieme",
tuttavia le singole sostanze non si dissociano.
Un blocco di legno
puo' semplicemente "penetrare dentro" una barra di metallo, tuttavia ne'
la barra di metallo ne' il blocco di legno si sfasciano. Inoltre, non
c'e' alcuna prova di spostamento (o spiazzamento), tale si
verificherebbe se, ad esempio, come quando accade calando una pietra in
una coppa d'acqua.
Il riscaldamento anomalo di metalli senza
alcuna prova di bruciare o bruciacchiarsi dei materiali adiacenti (di
solito legno) e' un'indicazione chiara che la natura del calore potrebbe
non essere stata completamente capita. Questo ha implicazioni di vasta
portata per la termodinamica, che dipende completamente dalla
presunzione di tale conoscenza.
Si dovrebbe notare che l'integrita'
della termodinamica e' rappresentata dalla parte infrarossa dello
spettro elettromagnetico, la quale e' insignificante in un contesto da 0
Hz a infiniti Hz. Il riscaldamento anomalo esibito dall'Effetto
Hutchison mostra chiaramente che abbiamo molto da imparare, specialmente
la dove si incontrano termodinamica ed electromagnetismo.
Lo
spaccarsi spontaneo dei metalli, cosi' come si verifica con l'Effetto
Hutchison, e' specifico per due ragioni: (1) non c'e' alcuna prova di
una "forza esterna" che causi lo spaccarsi e (2) il metodo con cui il
metallo si separa, implica un movimento scorrevole in una direzione
trasversale, orizzontalmente. Il metallo semplicemente si sfalda
(disfa).
John Hutchison con alcuni esempi di effetti sugli oggetti:
user posted image
Alcuni
cambiamenti temporanei della struttura cristallina e delle proprieta'
fisiche dei metalli sono piuttosto reminiscenti della "curvatura di
cucchiaio" di Uri Geller, eccetto che non ce nemmeno un campione di
metallo quando hanno luogo i cambiamenti. Un video mostra un cucchiaio
che sbatte su e giù come uno straccio molle in una brezza. Nel caso di
cambiamenti permanenti, una barra di metallo sara' dura ad una
estremita', come acciaio e morbida avanzando verso l'altra estremita',
come piombo polverizzato. Ancora, questa e' l'evidenza di una influenza
forte sulle forze di Van der Waals.
Le interferenze di onde radio
implicate nella produzione di questi effetti, sono prodotte da piu' di
quattro o cinque differenti sorgenti radio, tutte operanti a bassa
potenza. Tuttavia, la zona in cui le interferenze hanno luogo e'
stressata da centinaia di chilovolts.
Si suppone, da alcuni
ricercatori, che quello che Hutchison ha fatto, sia aprire il rubinetto
nell'Energia del Punto Zero (ZPE). Questa energia prende il suo nome dal
fatto che e' evidenziata da oscillazioni a zero gradi Kelvin, dove e'
supposto che tutte le attività in un atomo cessino.
Questa energia e'
associata ad emissioni spontanee e annichilazione di elettroni e
positroni che provengono dal cosidetto "vuoto quantico". La densità
dell'energia contenuta nel vuoto quantico e' stimata da alcuni, a dieci
alla tredicesima (10^13) Joules per centimetro cubo, che è riferita
essere sufficiente a far evaporare via gli oceani della Terra in un
momento.
Dato accesso a tali energie, c'e' poco da meravigliarsi che l'Effetto
Hutchison produca fenomeni così bizzarri. Attualmente e' difficile
riprodurre i fenomeni con qualsiasi regolarità. L'obiettivo su cui
concentrarsi in futuro, quindi, e' prima di tutto aumentare la frequenza
di occorrenza degli effetti, quindi ottenere qualche grado di
precisione nel loro controllo.
Diamagnetismo.
Premesse
Gli oggetti materiali rispondono in modo diverso alla presenza di un campo magnetico esterno.
In generale si osserva che gli oggetti materiali tendono ad
opporsi al campo magnetico esterno, che viene visto essere la causa di
una perturbazione che modifica l'equilibrio precedentemente instautatasi
tra i componemti atomici dell'oggetto materiale immerso nel campo
magnetico esterno.
In generale abbiamo tre situazioni:
Gli atomi reagiscono in modo da indebolire il campo magnetico esterno (anche se di poco).
Gli atomi sono costretti ad alineare i campi magnetici
atomici e pertanto rinforzano il campo magnetico esterno (anche se di
poco).
La materia risponde in modo di intensificare di migliaia di volte il campo magnetico esterno.
Parleremo nei vari casi di
DIAMAGNETISMO, PARAMAGNETISMO, FERROMAGNETISMO.
Diamagnetismo
In
ogni atomo abbiamo su ogni sottolivello 2 elettroni (escudiamo per il
momento gli elettroni di valenza), che originano due campi magnetici
opposti. L'elettrone che associamo allo spin UP si può vedere come un
elettrone che si muove (modello semi-classico) lungo una traiettoria
circolare ad una velocità dell'ordine di grandezza di 10 5 m/sec su una traiettoria circolare lunga circa 6 10-10metri
. Tale elettrone percorre milioni o miliardi di volte la traiettoria
circolare ogni secondo. Può essere vista come una corrente elettrica di
intensità non indiferente che si propaga in una spira circolare. Il
campo magnetico massimo prodotto è perpendicolare al piano su cui
avviene il moto e ha una intensità direttamente propozionale alla
velocità con cui si muove l'elettrone, analogo a quanto visto per la
spira elementare.
Effetto di un campo magnetico sul moto degli elettroni.
1° Caso. Si consideri l’elettrone in moto attorno al nucleo come in figura
Il moto è antiorario, B entra nel piano dell’orbita, il momento
magnetico m è entrante( praticamente il verso del campo magnetico
assiale). In questo caso l'elettrone rallenta e la sua velocità
angolare diminuisce del valore che assoceremo alla precessione di Larmor
ω = ω0- ωLarmor
Si possono fare le seguenti considerazioni :
la diminuzione di ω comporta una diminuzione della velocità v
L
a diminuzione di v comporta un aumento del periodo
L’aumento del periodo comporta una diminuzione della corrente associata
La diminuzione della corrente omporta una diminuzione del momento magnetico (associato al valore del campo magnetico assiale).
2° Caso.
Il moto è orario, B entra nel piano dell’orbita, il momento magnetico m è uscente. In questo caso ω = ω0+ωLarmor
Si possono fare le seguenti considerazioni :
L’aumento di ω comporta un’aumento della velocità v
l’aumento di v comporta una diminuzione del periodo
La diminuzione del periodo comporta un aumento della corrente associata
L’aumento della corrente comporta un aumento del momento magnetico.
Se si considera l’interazione campo magnetico intrinseco del sistema, avente la direzione di m e campo esterno B e si prende il verso di B
come positivo, in entrambi i casi la forza di Lorentz provoca una
diminuzione di m e quindi una debole diminuzione del campo
complessivo che si traduce macroscopicamente in una debole
repulsione.
In realtà poi B non è generalmente
perpendicolare al piano dell’orbita e l’interazione tra campo
intrinseco ed esterno provoca una rotazione dell’asse dell’orbita
attorno alla direzione di B (Precessione di LARMOR).
Accanto all’effetto della precessione si ha anche l’effetto dell’allineamento del momento magnetico proprio con B il ché provoca un rafforzamento debole del campo complessivo che si traduce in una debole attrazione.
Materiali diamagnetici.
Sono materiali in cui prevale l’effetto della
polarizzazione dovuta alla precessione di LARMOR., in genere sostanze
composte da molecole prive di un momento magnetico proprio es.
acqua, rame. Questi materiali hanno permeabilità magnetica relativa
minore dell'unità..
Inoltre il diamagnetismo è una forma
debole e non permanente di magnetismo, che si produce in tutti i
materiali solo per applicazione di una campo magnetico esterno. Il suo
effetto è trascurabile e non rilevabile se non presenti altre forme
di magnetismo. La giustificazione dei questo comportamento sta nel
fatto che le correnti microscopiche associate al moto degli elettroni
nell'atomo danno luogo a momenti magnetici che si compensano con il
risultato che nella maggior parte dei casi l'atomo non presenta
momento magnetico. Quando agisce un campo magnetico esterno, il moto
degli elettroni viene perturbato e compare un debole momento magnetico
che è opposto al campo esterno. È facile allora comprendere perché
il diamagnetismo sia sempre presente in tutte le sostanze.
Antiche costruzioni megalitiche. Le grandi città monolitiche sono sempre state oggetto ci
leggende e imortanti domande, chiedersi come abbiano fatto gli antichi
abitante a sollevare quesgli enormi massi è una delle
questioni sollevate di frequente
In tutto il mondo la memoria popolare registra un tempo remoto in
cui i civilizzatori usavano il potere del suono per erigere le prime
città. Avvolte nel più profondo mistero sono le rovine di
Tiahuanaco, una grande cittadella fortificata sull’altopiano
boliviano che un tempo sorgeva sulle sponde del lago Titicaca, un
immenso mare interno che oggi, in seguito agli spettacolari
mutamenti geologici e climatici, dista nientemeno che 19 chilometri
dalla costa.
Disseminate su una vasta area, si trovano varie strutture
megalitiche, soprattutto templi, e numerosi monoliti scolpiti e blocchi
da costruzione caduti del peso di 100 tonnellate ciascuno. Prima
di essere ricostruita in epoca moderna, gran parte di quel che
restava di Tiahuanaco giaceva al suolo, come se l’avesse rovesciata una
mano invisibile di immensa potenza distruttiva. In realtà la
sua fine fu determinata molto probabilmente da una serie di calamità
naturali come terremoti e inondazioni – eventi che probabilmente fecero
innalzare il lago Titicaca dal livello del mare alla
sua altitudine attuale di oltre tremila metri.
La datazione della città è controversa, È molto antica, quanto
nessuno è in grado di dirlo; tuttavia nel 1911 un’indagine approfondita
svolta dall’autorevole archeologo Arthur Posnansky,
professore dell’università di La Paz, ne attribuì la data di
fondazione intorno a1 10.000 a.C., presumibilmente durante le catastrofi
planetarie che accompagnarono la fine dell’ultima Era
Glaciale. Successivamente altri importanti studiosi confermarono la
grande antichità di Tiahuanaco, anche se archeologi e storici
convenzionali generalmente datano il sito appena al 700 d.C.
Il pezzo principale delle rovine della città è la Porta del Sole, un
gigantesco portale in pietra del peso di una decina di tonnellate,
sulla cui facciata è scolpita una figura maschile che
impugna due lunghi bastoni. Si tratta del leggendario fondatore di
Tiahuanaco, Ticci Viracocha, o Thunupa, che emerse da un’isola al centro
del lago all’inizio del tempo, e con i suoi seguaci,
detti “”i viracocha”", fondò la città prima di spostarsi a nord,
diffondendo la civiltà ovunque andasse.-
Una leggenda, narrata dai locali indios aymara a un viaggiatore
spagnolo che visitò Tiahuanaco poco dopo la conquista, parla della
fondazione della città avvenuta all’epoca della Chamac Pacha, o
Prima Creazione molto prima dell’ arrivo degli incas. I primi
abitanti, dotati, secondo la legenda, di poteri soprannaturali, erano
capaci di sollevare miracolosamente dal terreno le pietre che
“”… venivano trasportate dalle cave di montagna attraverso l’aria al
suono di una tromba”".
La Bolivia è agli antipodi dell’Egitto, eppure abbiamo qui una
testimonianza che fa pensare che anche gli antichi popoli delle Americhe
conoscessero proprietà del suono che vanno al di là della
nostra comprensione.
Da dove nascevano questi miti se non erano basati su qualche realtà
storica? È possibile che esista un legame tra tradizioni così lontane
fra di loro?
A Giza come a Tiahuanaco è stata attribuita una data di fondazione
che risale a prima della fine dell’ultima Era Glaciale, 15000-I0000 a.C.
circa. è possibile che una tecnologia acustica sia
stata esportata in diverse regioni della terra da una cultura
globale finora sconosciuta?
Gli indios aymara boliviani e peruviani raccontarono ai primi
viaggiatori e storici spagnoli che Viracocha non era soltanto un
civilizzatore e un operatore di portenti, ma anche uno scultore, un
agronomo e un ingegnere che “”fece sì che terrazze e campi si
formassero sui fianchi ripidi dei burroni, e mura di sostegno sorgessero
a puntellarli”". Ma diversamente da loro, Ticci Viracocha
aveva la pelle chiara e gli occhi azzurri, era alto di statura e
aveva capigliatura e barba bionde o bianche.
Portava una lunga tunica bianca con una cintura in vita, e possedeva
un “”fare autorevole”". Innumerevoli volte il grande portatore di
sapere venne raffigurato così nel folclore e nelle leggende
del Sud America, sottolineando il suo evidente aspetto caucasico.
Cosa strana, poi, proprio a lui fu attribuita la capacità di muovere i
blocchi di pietra con mezzi misteriosi. Un racconto ce lo
presenta mentre per primo crea un “fuoco” celeste, che “si spegneva
al suo comando, ma le pietre non venivano consumate così che i grandi
blocchi potevano essere sollevati con le mani, come
fossero di sughero”. Chi erano, esattamente, questi viracocha, e
perché veniva loro attribuita la capacità di spostare i blocchi di
pietra solo mediante mezzi soprannaturali?
* Solo con un fischio
Spostandoci a nord della penisola messicana dello Yucatán, troviamo,
nascosti nel fitto della foresta, gli antichi templi dei maya, una
civiltà precolombiana dotata di una cultura incredibilmente
evoluta. Il loro straordinario impero fiorì nel primo millennio
dell’era cristiana, ma è chiaro che avevano ereditato le loro profonde
conoscenze da una cultura molto precedente. I maya erano
indicibilmente ossessionati non solo dai cicli del cielo e dai
movimenti delle stelle ma anche dal passaggio del tempo. Il loro
complesso calendario, per esempio, poteva calcolare con precisione
date di centinaia di milioni di anni addietro, individuando
esattamente il giorno e il mese in cui un certo giorno cadeva.
Uno dei complessi di templi più misteriosi lasciatici dai maya è
quello di Uxmal, realizzato, secondo la leggenda, da una razza di nani.
Più strana, però, è l’informazione che una leggenda maya
ci dà su questi mitici nani: “Per loro il lavoro di costruzione era
facile, non dovevano far altro che un fischio e le pesanti pietre
andavano al loro posto”. A questi potenti nani erano dovute
tutte le più antiche realizzazioni del tempo della Prima Creazione,
per le quali dovevano solo “fischiare perché le pietre si mettessero
nelle costruzioni nella giusta posizione o perché la legna
da ardere venisse da sola dalla foresta fino al focolare”.
Nonostante questi poteri soprannaturali, i nani sarebbero stati
distrutti da un grande diluvio, anche se molti avevano tentato di
mettersi in salvo nascondendosi sottoterra in “grandi serbatoi di
pietra come le riserve d’acqua sotterranee, che loro vedevano come
barche”.
Troviamo qui, ancora una volta, astratte e forse confuse storie su
una razza prediluviana capace di usare il potere del suono per costruire
mura di pietra. È facile etichettare questi racconti
come fantasie di ignoranti, ma i popoli dell’Egitto e delle Americhe
non erano i soli a impiegare il suono nella costruzione dei loro più
antichi monumenti.
* Costruito al suono di una lira
Secondo gli autori classici greci, Tebe, capitale della Beozia – un
antico regno situato a nord ovest di Atene – fu fondata dal fenicio
Cadmo, famoso viaggiatore e civilizzatore. Questa grande
città, detta Cadmeia in onore del suo fondatore, sarebbe stata
completata da un figlio di Zeus di nome Anfione. La cosa più singolare è
che Anfione era capace di spostare grosse pietre al suono
di una lira, e in questo modo poté costruire le mura di Tebe.
Pausania, il geografo greco del secondo secolo dopo Cristo, parla
infatti di Anfione che costruisce le mura della città “alla musica
della sua lira”, mentre i suoi “canti attiravano dietro di lui
perfino le pietre e gli animali”. Anche Apollonio Rodio, vissuto nel
terzo secolo prima di Cristo, riferisce poeticamente nelle
Argonautiche di Anfione che cantava “forte e chiaro accompagnandosi
con la lira d’oro, seguito passo passo da grandi massi”.
Si tratta di semplici favole, basate su invenzioni ed esagerazioni
letterarie molto più antiche, o rappresentano in qualche modo la memoria
confusa di un tempo in cui gli abitanti di Tebe, uniti
sotto un fondatore chiamato Anfione, erano in grado di usare il
suono della lira per spostare massi e innalzare mura?
Sembra incredibile, ma se tradizioni del genere poggiano davvero su
ricordi alterati di eventi reali, potrebbero contenere importanti
informazioni sulle origini di questa tecnologia perduta. Le
tradizioni riguardanti Cadmo indicano chiaramente che Tebe fu
fondata da immigrati fenici che dovettero stabilirsi qui nel terzo o
secondo millennio a.C. Cadmo, si dice, introdusse in Beozia
l’alfabeto fenicio e il culto di divinità fenicie ed egizie, quindi è
possibile che abbia portato con sé, dalla sua terra di origine, anche
eventuali conoscenze relative alla tecnologia sonica.
La Fenicia era sede di una grande civiltà marinara fiorita verso il
2800 a.C. nella regione del Mediterraneo orientale che oggi comprende il
Libano e la Siria nordoccidentale. Era costituita da
una serie di città-stato, ciascuna con un proprio governo e una
propria cultura, unite solo dal commercio, dalla religione e
dall’abilità nella navigazione. I fenici erano i più grandi marinai
dell’antichità, ma essi stessi dicevano di avere appreso le tecniche
marinare da una precedente razza di dei.
* L’ideazione di Betulia
Come la mitologia classica, le leggende fenicie parlano di un’età
dell’oro che precedette la storia ufficiale, quando gli dei e gli uomini
vivevano gli uni accanto agli altri. L’argomento è
trattato negli scritti di Sanchoniatho, il più antico storico
fenicio di cui abbiamo conoscenza, che visse prima delle guerre di
Troia, intorno al 1200 a.c.. Egli parla del dio Urano, o Cielo,
fondatore della prima città chiamata Biblo, che ancora oggi è un
fiorente porto libanese. Da qui la razza degli dei colonizzò l’intera
sponda orientale del Mediterraneo. Sanchoniatho ci informa
anche che uno degli dei, Taautus (il Thoth egiziano, l’inventore
della scrittura), fondò la civiltà egizia.
Sapendo tutto ciò, mi incuriosì la scoperta negli scritti di
Sanchoniatho di un riferimento alquanto ambiguo alla levitazione delle
pietre. Senza fornire alcuna spiegazione, lo storico fenicio
afferma che Urano “ideò Betulia creando pietre che si muovevano come
dotate di vita propria”.
La parola Betulia indica in questo contesto grandi pietre grezze di
dimensioni ciclopiche. È possibile che questa cultura fenicia di Biblo,
che Sonchoniatho identifica con una razza di dei,
possedesse la capacità di sollevare i blocchi di pietra usando la
potenza del suono? Potrebbero gli dei aver trasmesso questa capacità ai
loro discendenti fenici, che a loro volta la portarono in
Beozia al tempo di Cadmo e Anfione? E se così fosse, da dove
potrebbe essere giunta questa conoscenza sulla tecnologia del suono?
Tanto i fenici quanto i loro contemporanei greci, i micenei,
erigevano mura ciclopiche. Delfi, Micene e Tirinto furono tutte
costruite, originariamente, con enormi blocchi di pietra di dimensione
e peso enormi. Un disegno ottocentesco di un muro in pietra gigante
appartenente alla città-stato fenicia oggi scomparsa dell’isola di
Aradus, di fronte alla costa siriana mostra massicci blocchi
di pietra, alcuni lunghi fino a 3 metri e pesanti dalle 15 alle 20
tonnellate ciascuno.
È inutile dire che esiste una netta somiglianza tra queste strutture
ciclopiche e quelle della piana di Giza, in Egitto. Sappiamo che già
nel 4500 a.C. popoli di una cultura prefenicia avrebbero
navigato non solo nel Mediterraneo ma anche lungo la costa atlantica
oltre lo stretto di Gibilterra. È possibile che questo popolo marinaro
prima sconosciuto abbia in qualche modo ereditato l’uso
della tecnologia del suono da una cultura ancora più antica: forse
gli dei degli Anziani dell’Egitto?
Si sa che Biblo era un’attiva cittadina già attorno al 4500 a.C., e
che nel 3000 a.C. circa era diventata una civiltà marinara che
intratteneva scambi commerciali con paesi come Creta e l’Egitto.
Molti studiosi sono propensi a credere che Biblo ebbe un suo ruolo
importante nella nascita dell’Egitto faraonico. È dunque possibile che
una cultura abbia ereditato dall’altra la conoscenza
della tecnologia del suono? E quale fu delle due che ereditò? A
questo problema, almeno per il momento, non c’è una risposta chiara. È
il caso però di ricordare che fu attorno al 3500 a.C. che in
Egitto si cominciò ad applicare quell’incredibile tecnica litica
che, come ho già mostrato, utilizzava attrezzi ad alta tecnologia quali
seghe lineari e circolari, torni meccanici e trapani a
ultrasuoni.
Per il momento è sufficiente sapere che le tradizioni che collegano
il suono alla costruzione di edifici sono universali e non limitate a
una particolare etnia, cultura, religione o a uno
specifico continente. Ciononostante, gli scettici diranno che
leggende del genere sono tutte nate semplicemente dalla superstizione.
Per giunta, quando anche fossero “reali”, non ci direbbero
praticamente nulla sui metodi eventualmente impiegati nell’antichità
per ottenere la levitazione sonica.
Ciò di cui avevo bisogno erano resoconti più affidabili sulla
tecnologia sonica e dopo lunghe ricerche trovai quello che cercavo: la
testimonianza diretta di due viaggiatori occidentali che
avevano assistito all’uso di questa tecnologia, in Tibet, nella
prima metà del ventesimo secolo: le due storie sono state entrambe
raccolte negli anni cinquanta dall’ingegnere e scrittore svedese
Henry Kjellson.
* Lo strano caso del dottor Jarl.
Il primo caso riguarda un medico svedese, a cui Kjellson attribuisce
il nome fittizio di “Jarl”. Negli anni Venti o Trenta – la data esatta
non viene fornita – Jarl accettò l’invito di un amico
tibetano di andare a trovarlo al suo monastero, situato a sud-ovest
della capitale Lhasa. Fu durante il suo anno sabbatico che Jarl avrebbe
assistito alla levitazione di blocchi di pietra, alti e
profondi un metro e larghi uno e mezzo, mediante l’uso del suono.
L’evento avrebbe avuto luogo in un prato vicino, leggermente in salita verso una parete montuosa orientata a nord-ovest.
Jarl aveva notato che a circa 250 metri sulla parete rocciosa si
apriva l’imboccatura di una grande caverna preceduta da un’ampia
cornice, accessibile solo tramite funi calate dalla cima dello
strapiombo. Qui i monaci stavano costruendo un muraglione in pietra.
Notò anche che, a una distanza di circa 250 metri dalla base della
parete, era stato interrato un grosso masso piatto, la cui
superficie superiore mostrava un ampio avvallamento a tazza,
profondo 15 centimetri. Circa 63 metri dietro la pietra interrata, un
folto gruppo di monaci vestiti di giallo sembravano intenti a
preparare un’operazione coordinata. Alcuni avevano enormi tamburi
altri lunghe trombe, molti altri si stavano schierando in lunghe file,
mentre uno dei monaci con una corda fornita di nodi
segnava accuratamente la posizione di ciascuno. Jarl contò 13
tamburi e 6 trombe: gli strumenti erano situati a circa 5 gradi l’uno
dall’altro, formando un arco di cerchio di poco più di 90 gradi
centrato sul masso a tazza.
Dietro ogni strumento c’era una fila di otto o dieci monaci, la cui
disposizione complessiva aveva l’aspetto di uno spicchio di ruota.
Al centro dell’arco c’era un monaco con un piccolo tamburo appeso al
collo con una tracolla di cuoio. Ai suoi lati c’erano altri due monaci
forniti di tamburi di media dimensione. Questi erano
appesi a telai di legno con corregge di pelle fissate a un paio di
bastoni che li attraversavano longitudinalmente fungendo da leve di
direzione.
Da un lato e dall’altro di questi due tamburi c’erano altri monaci
con le ragdon, enormi trombe lunghe tre metri. Al di là di questi, ai
due lati, un altro paio di tamburi di media grandezza, poi
una coppia di tamburi ancora più grandi, anch’essi sostenuti da
telai di legno tramite cinghie di cuoio fissate ai bastoni.
Progredendo simmetricamente verso l’esterno sui due lati
completavano questa vera e propria orchestra: altre due ragdon, altri
quattro tamburi grandi (due per lato), altre due trombe e, infine,
due ultimi tamburi (vedi figura sotto). I tredici tamburi erano
ricoperti di pelle su un solo lato, e il lato aperto era puntato verso
il masso a tazza.
Mentre Jarl osservava la scena, il primo blocco di pietra fu
trascinato fino al masso su una slitta di legno trainata da yak.
Presto i monaci trasferirono il peso sull’avvallamento e si ritirarono per permettere l’inizio dell’operazione.
I diciannove strumenti erano tutti puntati come cannoni verso il
blocco di pietra, e quando tutto e tutti furono al loro posto, il monaco
con il tamburo piccolo cominciò a salmodiare ritmicamente
con voce bassa e monotona, battendo con una mano sul lato dello
strumento ricoperto di pelle.
Questo emise un suono secco e duro che colpì dolorosamente le
orecchie di Jarl. Per tutta risposta, le ragdon suonarono e gli altri
tamburi furono percossi con grosse mazze lunghe 75 centimetri e
con la testa coperta di pelle.
Di ciascun tamburo si prendevano cura due monaci, che vi battevano a turno.
A parte il monaco con il tamburo piccolo, nessuno pronunciò una parola.
Mentre quella strana cacofonia continuava, Jarl tentò di imprimersi
nella mente la sequenza dei tamburi. Il ritmo inizialmente era molto
lento, poi prese una tale velocità che egli ben presto non
riuscì più a seguirlo: il loro pulsare si fuse diventando un muro
compatto di suoni. Incredibilmente, il suono acuto del tamburo piccolo
riusciva a penetrare il fragore combinato di trombe e
tamburi. Questo gli fece pensare che era usato per segnare il tempo.
Passarono quattro minuti senza che accadesse nulla di insolito.
Poi, all’improvviso, il blocco di pietra prese a ondeggiare
leggermente, come se stesse perdendo peso, infine si sollevò in aria,
oscillando da una parte e dall’altra.
Poi si alzò, mentre trombe e tamburi venivano inclinati nella sua direzione.
La pietra saliva sempre più in alto, accelerando la velocità e
compiendo, secondo le parole di Jarl, un arco di parabola dirigendosi
verso l’imboccatura della grotta.
Alla fine, mentre i monaci continuavano a soffiare nelle trombe e a
picchiare sui tamburi, il blocco giunse a destinazione piombando di peso
sulla cornice con tale forza che mandò polvere e
schegge di pietra dappertutto.
Poi, improvvisamente, cadde il silenzio. Volgendo lo sguardo al
gruppo dei monaci, circa 240, Jarl notò che nessuno di loro sembrava
minimamente colpito da quell’esperienza. Subito fu portato un
altro blocco di pietra e l’operazione si ripeté nello stesso modo.
Per alcune ore Jarl poté vedere che con questo metodo furono trasportati dai cinque ai sei blocchi all’ora.
Ogni tanto una pietra piombava sulla piattaforma con tale forza da
andare in pezzi. Quando questo accadeva, i monaci che lavoravano nella
caverna si limitavano a spingere i frammenti giù dalla
cornice.
Jarl ammise di non essere riuscito a capire la funzione dei 200
monaci circa, in file di otto o dieci, dietro l’arco dei diciannove
strumenti. Non emettevano alcun suono, limitandosi a osservare
il tragitto di volo dei blocchi di pietra che salivano verso la
parete.
A suo parere potevano essere lì per imparare la tecnica, o
eventualmente per rimpiazzare i monaci che battevano sui tamburi e
soffiavano nelle trombe. Oppure, concluse, per conferire un’atmosfera
religiosa alla scena o magari avevano usato una forma di psicocinesi
coordinata per agevolare il volo delle pietre.
L’aspetto più rivelatore del racconto è la meticolosità dei dettagli
con cui Jarl registra il procedimento svoltosi quel giorno.
Annota ogni distanza, ogni angolo, ogni misura, riferendo anche dati
apparentemente insignificanti. Sono troppe le informazioni presenti
nella relazione conservata da Henry Kjellson per
liquidarla come puro parto della fantasia.
La scelta degli strumenti, le specifiche distanze e gli angoli, il
posizionamento dei blocchi di pietra su un masso a tazza al livello del
suono, l’aumento graduale del suono delle percussioni,
tutto fa pensare a una scienza esatta, a una tecnologia sonica ben
nota alla comunità monastica visitata da Jarl. Una delle affermazioni
più interessanti è quella che riguarda il modo in cui
tutti gli strumenti erano costantemente puntati sul blocco di
pietra, dall’inizio al momento in cui giungeva a destinazione.
Se è vero che le comunità monastiche tibetane usavano il suono per
far levitare a grandi altezze blocchi di pietra, com’era possibile? Che
cosa dobbiamo pensare dei 200 monaci schierati dietro i
diciannove strumenti? Qual era la loro funzione?
Raggiungere una forma di psicocinesi coordinata, come sembra credere
Jarl? Non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che l’idea di usare il
potere della mente per muovere le rocce faceva parte un
tempo della rigida pratica di meditazione nota come dogchen, una
dottrina segreta trasmessa oralmente dai seguaci del lamaismo tibetano e
da singoli sciamani appartenenti a una religione
prebuddista che ha il nome di Bonpo.
* Cantando in silenzio
Il resoconto di Jarl rappresenta un’affascinante testimonianza di un
tipo di tecnologia sonica di cui il mondo oggi ha perduto la
conoscenza. Di per sé potrebbe non essere molto di più, ma
fortunatamente non è l’unico esempio conservato da Kjellson.
Nel 1939 l’ingegnere e scrittore svedese assisté a una conferenza
tenuta da un cineasta austriaco, chiamato Linauer, sui suoi viaggi in
Tibet. Kjellson ebbe l’occasione in seguito di discutere a
lungo sulle sue affermazioni e, convintosi della loro autenticità,
le incluse nel suo libro Forsvunnen teknil ( Tecnologia scomparsa ),
pubblicato nel 1961. Quello a cui Linauer sosteneva di aver
assistito confermerebbe il racconto di Jarl, e getta nuova luce su
quanto sappiamo a proposito delle presunte tecniche ultrasoniche dei
costruttori delle piramidi.
Linauer affermò che, mentre si trovava presso un monastero isolato
nel nord del Tibet, negli anni Trenta, ebbe il privilegio di assistere a
eventi davvero fuori del comune. Tra questi la
dimostrazione che due curiosi strumenti sonori, usati in
combinazione, erano in grado di sfidare le leggi della natura a cui la
scienza ortodossa aderisce in modo così rigoroso.
Il primo di questi strumenti era un gong enorme montato
verticalmente su un telaio di legno. Aveva un diametro di 3,5 metri ed
era composto da tre diversi metalli: la sezione circolare al centro
era d’oro massiccio, e attorno a questo c’era un anello concentrico
di ferro puro; questi due metalli erano cinti da un terzo anello di
ottone di estrema durezza, che apparentemente possedeva una
certa elasticità. L’area centrale, invece, era così duttile che
un’unghia vi lasciava il segno.
L’aspetto del gong faceva pensare ad un enorme bersaglio metallico.
I1 suono che emetteva quando veniva percosso non aveva nulla a che
vedere con quelli prodotti da strumenti simili, perchè
invece di emettere una potente nota continua e sostenuta, produceva
una sorta di tonfo sommesso che cessava quasi istantaneamente.
Il secondo strumento era anch’esso composto da tre diversi metalli,
anche se Linauer non fu in grado di identificarli con esattezza. Secondo
i suoi calcoli era alto 2 metri e largo 1 (Kjellson
non fornisce la profondità), mentre la sua forma viene detta
semiovale, simile a quella del guscio di una cozza.
Sopra la superficie concava erano tese longitudinalmente delle corde
ed era sostenuto da una struttura che lo manteneva fisso in posizione
leggermente rialzata. I monaci dissero a Linauer che
quel curioso strumento a corda non veniva suonato né toccato, ma
semplicemente cantava in silenzio, emettendo, secondo le parole di
Kjellson, <<un’onda di risonanza non percepibile
all’udito>> solo quando il gong veniva percosso producendo il
suo suono caratteristico.
In combinazione con questi strani strumenti veniva usata una coppia
di schermi, accuratamente posizionati in modo da formare un triangolo
con i primi due, il cui scopo sembrava quello di
raccogliere, contenere e riflettere l’<<onda di risonanza non
percepibile all’udito>> emessa dallo strumento semiovale.
Quando fu il momento di una dimostrazione pratica, un monaco armato
di una grossa mazza si avvicinò al gong e cominciò a colpirlo traendone
una serie di brevi suoni a bassa frequenza che dovevano
avere un effetto peculiare sui sensi dell’ udito.
Il gigantesco guscio di mollusco cominciò a emettere quella che
immagino fosse una successione di ultrasuoni che, raccolti e deviati,
provocavano una temporanea assenza di peso in blocchi di
pietra.
Quando ciò avveniva, un monaco poteva sollevare con una sola mano
una queste pietre. Linauer fu informato che con questa tecnica i loro
antenati avevano potuto costruire la muraglia di protezione
intorno all’intero Tibet.
I monaci gli assicurarono anche (ma di questo lui non fu testimone
diretto che quegli strumenti, e altri simili, potevano essere usati per
disintegrare o dissolvere la materia fisica.
Il prezioso racconto di Linauer sembrerebbe aggiungere argomenti a
sostegno della tesi che isolate comunità monastiche nel Tibet più remoto
fossero in grado di usare il suono per togliere peso
alle pietre. Se riusciamo ad accettare come autentiche storie del
genere, si rafforza la probabilità che le leggende arcaiche che in
Egitto, in Bolivia, in Messico e nell’antica Grecia raccontano
di mura, templi e perfino città costruite con strumenti sonori
avevano una base reale, per quanto distorta. Inoltre, il racconto di
Linauer sull’ “onda di risonanza” usata per “dissolvere la
materia” conferma le scoperte di Christopher Dunn a proposito dell’
impiego degli ultra suoni per perforare il granito da parte dei
costruttori delle Piramidi
Non disponiamo di elementi per capire come mai isolate comunità
religiose tibetane praticassero forme di tecnologia sonica ancora nella
prima metà del ventesimo secolo. È possibile che le
avessero ereditate da qualche cultura precedente, prebuddista, come
quella dei monaci di Bonpo, la religione sciamanica indiana che
influenzò profondamente le pratiche rituali del lamaismo
tibetano. Altrettanto possibile è che, totalmente prive di contatto
con il mondo esterno, le scuole monastiche sviluppassero queste capacità
del tutto autonomamente. Forse la loro profonda
conoscenza delle leggi universali li mise in rado di scoprire un
mezzo con cui controllare le forze della natura in un modo totalmente
diverso dalla visione della scienza che ha il nostro mondo.
Per i religiosi del Tibet, le leggi di gravità di Newton e della
relatività di Einstein semplicemente non esistevano, quindi non potevano
intralciare la via del progresso. Ma se accettiamo questa
ipotesi, dobbiamo anche immaginare che la cultura egiziana degli
Anziani possedeva un’eguale lettura del mondo tanto che fu in grado di
sviluppare una conoscenza delle leggi universali che va al
di là dell’immaginazione del mondo scientifico. Se così fosse,
dobbiamo anche concludere che è solo il nostro approccio rigido e
dogmatico a impedirci di sviluppare tecnologie che non sopportano
le restrizioni dei limiti della scienza ortodossa.
* La perdita più grave
Riconoscere che il lamaismo tibetano potrebbe aver sviluppato, o
forse ereditato, una conoscenza avanzata della tecnologia sonica ci
porta a chiedere come sia stato possibile che questa notizia
non sia mai trapelata nel mondo occidentale. La risposta a questo
inquietante interrogativo è un curioso paradosso. Quando Linauer assisté
alle straordinarie proprietà del grande gong e dello
strano strumento a forma di cozza, i monaci gli spiegarono che
avevano custodito gelosamente i segreti della loro tecnologia perché non
venisse sfruttata male nel mondo esterno. Di norma i
viaggiatori stranieri non venivano ammessi ad assistere agli effetti
prodotti dai loro incredibili strumenti. I monaci precisarono che la
ragione di tanta riservatezza era la convinzione che se
avesse raggiunto l’Occidente, questo antico potere sarebbe stato
sfruttato a fini egoistici e distruttivi, e non potevano permetterlo.
Una decisione simile è perfettamente comprensibile; il
risultato però è stato che le testimonianze offerte da viaggiatori
occidentali come Jarl e Linauer sono le uniche notizie che abbiamo in
proposito. Inoltre, la distruzione del lamaismo tibetano a
opera della Rivoluzione Culturale cinese già dagli anni Cinquanta ha
privato il mondo scientifico della sua migliore occasione di confermare
che la tecnologia sonica era ancora praticata negli
anni Trenta. Nonostante le affermazioni contrarie della propaganda
cinese, l’occupazione del Tibet prosegue oggi più brutale che mai.
Molti esuli tibetani sono perfettamente al corrente delle storie
incredibili che parlano di un tempo in cui i loro antenati avevano la
capacità di far levitare blocchi di pietra e di disintegrare
la roccia con il solo potere del suono. Questa sfida alle leggi
naturali è oggi poco più di un ricordo che va rapidamente sbiadendo
nella mente di anziani monaci e lama. Che queste antiche
scienze siano state preservate per millenni per poi andare perdute
nell’epoca moderna è davvero una perdita gravissima.
Leggere i racconti di Jarl e Linauer e rendersi conto che oggi non
esistono più neppure i monasteri è un fatto di una tragicità estrema.
La fiamma della conoscenza si era estinta completamente? Esisteva il
modo di riattizzarla ricostruendo i fondamenti teorico-fisici alla base
di questa scienza apparentemente perduta, nota al
mondo antico?
Questo è quanto scrive A.
Collins, e cerca con testimonianze storiche di dimostrare come sono
state costruite molte Piramidi e Templi in così breve tempo
su terreni limitati che non potevano contenere gli operai e le
attrezzature necessarie, almeno secondo la nostra conoscenza
scientifica.
Worrell Keely e la vibrazione simpatica.
John Ernst Worrell Keely (Settembre 3, 1827 - Novembre 18, 1898) era un
inventore americano di Philadelphia: inventò il "Motore di
Keely" o "Keely Motor". La chiave delle sue conoscenze è la
scoperta della Sympathetic Vibratory Physics,
ovvero fisica della vibrazione simpatica. Manipolando le onde sonore si
accorse che in particolari casi era possibile generare effetti a dir
poco stupefacenti. Alcune delle sue scoperte al tempo sembravano
praticamente incredibili, mentre hanno trovato un riscontro ed utilizzo
anche commerciale nei giorni nostri:
riportò effetti di disintegrazione della pietra con onde
sonore (che oggi è un processo di lavorazione comunemente
utilizzato);
produsse effetti luminosi nell'acqua, oggi conosciuti come Sonoluminescenza;
riportò effetti di levitazione acustica, cioè
tramite onde sonore (esperimento replicato con esito positivo dalla
NASA, sollevando piccoli sassi);
notò che alcune geometrie intensificavano la pressione
sonora senza aggiungere ulteriore energia, oggi brevetto in uso dalla
MacroSonics;
osservò un effetto di diminuzione della temperatura in
presenza di certe vibrazioni, oggi brevettato come refrigerazione
acustica.
Keely utilizzava il suono prodotto da strumenti simili a canne
d’organo, o da corni di ottone, propagato attraverso un filo
metallico composto da oro, argento e platino (come alcuni gong
tibetani), o da un semplice filo di seta. Sollevava sfere, composte dai
tre metalli, al solo suono di una nota. Per raggiungere lo scopo si
avvalse di molte apparecchiature da lui inventate. Una consisteva in
una grossa sfera di rame di trenta centimetri di diametro, bloccata da
un sostegno verticale. Al suo interno una serie di piatti metallici e
tubi risonanti. Al disotto una serie di aculei di metalli che pizzicati
emettevano un suono simile al diapason: veniva chiamato "Liberatore".
Un lungo filo composto da tre metalli: oro, platino e argento, era
collegato ad un altro apparecchio "Risonatore" il quale poggiava su di
un altro tavolo a 90 centimetri dalla sfera. Era composto da un
cilindro metallico di quindici centimetri di diametro, alto venti,
costituito da tubi metallici verticali, sui quali si trovava una coppa
di ottone e vetro, al cui interno una bussola puntava con l'ago verso
il Nord magnetico.
Gli aculei sollecitati producevano una nota che veniva regolata sul
giusto tono, poi l'inventore suonava una tromba e l'ago della bussola
ruotava impazzito. Keely, con i suoi strumenti, riusciva a fare molte
cose, come far galleggiare sfere di 900 grammi sulla superficie
dell'acqua contenuta in un recipiente. La cosa straordinaria era che le
tre sfere rimanevano a galleggiare anche dopo che Keely cessava di
suonare il suo corno. Solamente al suono di una nota diversa da quella
iniziale le sfere affondavano nel liquido; riuscì a farle
fluttuare anche nell'aria e di conseguenza fece volare un modello in
scala di velivolo di quasi quattro chili!
Inventò anche uno strumento che doveva divenire l'elemento
principale di un nuovo motore meccanico: l'arcolaio. Centinaia di
sfere, tamburi e ruote, che producevano una potenza inaudita capace di
impressionare le persone che assistevano ai suoi esperimenti.
Costruì un cannone a vibrazioni per la marina militare, ma
risultò troppo complicato nel suo funzionamento. Ridusse
le dimensioni del suo Liberatore, rendendolo grande quanto un orologio
da taschino, ma era il procedimento che complicava la realizzazione
fuori del suo laboratorio. Era necessario trovare l'accordo di massa,
ossia trovare la giusta intonazione fra le vibrazioni corporee di
Keely, di risonanza della stanza, degli apparecchi e quelle emesse da
eventuali visitatori. Quindi tutto doveva essere preventivamente
sintonizzato.
Scoprì anche che le vibrazioni simpatiche erano in grado di
disintegrare il quarzo e altri tipi di roccia dura usando la nota
giusta. L'accordo di massa sulla prima ottava produce 42.800 vibrazioni
al secondo sufficienti allo scopo. Ideò quindi un disintegratore
che poteva venire impiegato nell'industria mineraria. Gli imprenditori
minerari dell'epoca finanziarono ulteriori ricerche e Keely
modificò di nuovo il Liberatore. Rifiutò comunque di
rivelare la natura della forza "eterea" utilizzata e il conflitto che
si venne a creare con i suoi finanziatori, lo spinse, in preda all'ira,
a distruggere parte di quanto aveva scoperto e creato.
Gli effetti del suono hanno contribuito a catalogare le vibrazioni e
enumerare quaranta leggi riguardanti la "vibrazione simpatica". Sono
gli argomenti della fisica teorica, delle stringhe e delle
Superstringhe, secondo cui l’universo sarebbe la manifestazione
dell’energia vibratoria. Dall’analisi della materia emerge
che questa è un insieme di vibrazioni contenute nella sua
struttura atomica. Le molecole sono composte da atomi, questi da
leptoni, da fermioni, da fotoni, da quark e infine dai mesoni. Quindi
alla base esiste una "sostanza" formata da particelle fini che
possiedono una frequenza, ossia vibrano e si trasformano in materia.
"Nello spazio esiste una
quantità infinita di atomi, base di tutta la materia, in
condizione di movimento vibratorio costante, infinito nel limite,
immutabile nella quantità, inizio di tutte le forme
d’energia". John Keely
Questa oscillazione o risonanza si presenta in cicli di tempo esatti e
può essere misurata, controllata e stando agli esperimenti
effettuati da Keely, utilizzata. Molti i testimoni fra i quali Nikola
Tesla, Jules Verne, Thomas Edison, tanto da spingere i grandi
finanzieri dell’epoca a costituire un’azienda, la Motor Keely, impegnando ben cinque milioni di dollari nell’impresa.
Perfino Madame Blavatsky riservò un capitolo al lavoro di Keely,
alla forza energetica utilizzata nei suoi esperimenti. Secondo Madame
Blavatsky, al signor Keely era stato concesso il permesso di passare
oltre un limite perché ciò che inconsciamente aveva
scoperto era la terribile forza siderale,
chiamata Miscela (Mash Mak) dagli atlantidei, menzionata nel Ashtar
Vidya con "un appellativo che non era gradito dare". Era il Vril
di Bulwer Lytton, la forza vibratoria che riduce in cenere centomila
uomini ed elefanti; il fiabesco "Occhio di Kapilla" dei libri
Indù. Una forza talmente distruttiva che in possesso di un
moderno Attila ridurrebbe l’Europa al suo caotico stato
primitivo in pochi giorni e senza testimoni in vita. Sempre
secondo quanto afferma Blavatsky può essere prodotto un suono
tale da sollevare in aria la Piramide di Cheope!
Keely quindi pare si sia affacciato alla soglia di alcuni dei
più grandi segreti dell’universo in particolare riguardo a
quello attraverso il quale si è sviluppato il mistero delle
forze fisiche, quelle stesse forze, quelle vibrazioni che hanno
permesso al suo "motore" di funzionare. E Forse a Leedskalnin di
costruire il suo Coral Castle.
Coral Castle.
CORAL CASTLE
è una misteriosa struttura megalitica che si trova a Homestead, in Florida. La
struttura è costituita da numerose pietre alcune delle quali pesano diverse
tonnellate. In italiano la struttura è chiamata "castello di corallo", ma
il termine è fuorviante, in quanto il materiale costruttivo non è corallo, bensì
un tipo di roccia locale chiamata coral.
La struttura è
considerata misteriosa principalmente perché quanto è stata assemblata da un
unico uomo, l'eccentrico lettone EDWARD LEEDSKALNIN per di più magro e
mingherlino e senza alcun aiuto esterno.
Una storia d'amore può spingere un uomo ad
edificare un intero castello da solo? Come Un uomo alto 1 metro e 39 cm, per amore, ha lavorato
ogni notte per vent'anni per costruire un castello con blocchi di "coral" di
peso non inferiore alle 5 tonnellate e non superiore alle 40 tonnellate; le ha
innalzate, spostate, girate ...
Come avrà fatto
quest'uomo cosi minuto a costruire questo castello cosi "pesante" da solo? Solo
con l'aiuto di carrucole e tripode di legno alto una decina di metri, una serie
di oggetti per il magnetismo e una strana scatola in cima al tripode ...?
La stranezza della costruzione sta nel fatto
che Edward fece tutto il lavoro da solo senza l'aiuto di mezzi meccanici, di
elevatori, gru o simili. Ma quale strana forza poteva aiutare l'uomo a spostare
quei pesanti monoliti di pietra? L'uomo lavorava di nascosto solo di notte
quando nessuno poteva vederlo e si dice che qualcuno in lontananza vedeva degli
strani bagliori notturni provenire dal sito nel quale Edward Leedskalnin faceva
i suoi lavori di edificazione.
Si dice che Edward Leedskalnin usasse avvolgere
intorno a degli utensili delle bobine di rame attraverso le quali faceva
scorrere un impulso radio generando un potente campo elettromagnetico che gli
permetteva di annullare la gravità degli oggetti.
Leedskalnin ha mantenuto il segreto sulle tecniche usate e ciò ha condotto alla
formulazione di numerose ipotesi sui metodi da lui usati.
Due le ipotesi
principali:
1- il metodo del "magnetismo" (affermava di aver scoperto il metodo che avevano
usato gli egiziani per costruire le piramidi e di avere applicato questa
conoscenza nella costruzione di Coral Castle): secondo alcuni scienziati (tra i
quali Nicola Tesla) amici di Edward Leedskalnin, che avevano studiato con lui,
il nucleo della Terra respinge le cariche negative. Alimentando così di carica
negativa pietre o qualsiasi altro oggetto si sarebbe potuto spostare l’oggetto,
stabilire il tempo e la lunghezza dello spostamento di tale oggetto. Questa tesi
non viene riconosciuta come errata e non è stato ancora possibile dimostrare che
lo sia.
2- l'impiego di un sistema antigravitazionale per muovere gli oggetti, secondo
alcuni basato su "onde sonore armoniche": la "levitazione sonica" (l’uso di onde
sonore per muovere le cose). è
stato dimostrato in tempi recenti che è possibile muovere piccole rocce grazie
ad influssi sonori e i vicini di Edward Leedskalnin hanno rivelato che quando
lavorava di notte, oltre ai suoni di cantiere di sentiva anche un altro suono,
sordo, cupo: un suono a frequenza bassissima.
Alcuni ragazzini
che hanno assistito ai lavori hanno dichiarato che sarebbero stati usati palloni
a idrogeno per sollevare i blocchi.
In realtà esistono
fotografie che mostrano Leedskalnin utilizzare tecniche alquanto comuni, quali
carrucole e paranchi, ma si pensa che le strutture visibili nelle immagini non
avrebbero supportato il peso dei blocchi più grandi.
Comunque sia,
l'aura di mistero che avvolge Coral Caste ha contribuito a renderlo una meta
turistica, per visitare la quale Leedskalnin faceva pagare un biglietto di
ingresso.
LA STRUTTURA
Coral castle non è
un vero e proprio edificio, ma piuttosto un "giardino romantico" circondato da
un recinto di pietra ed una piccola costruzione. Molte strutture presenti
all'interno sono particolarmente affascinanti: ci sono meridiane per il calcolo
del tempo, un obelisco con un foro perfettamente allineato verso la stella
polare, un tavolo di roccia a forma di cuore con un fiore piantato in centro
(voleva che il tavolo avesse fiori tutto l'anno), una poltrona in pietra dal
peso di una tonnellata, una "fontana della luna" che rappresenta le fasi lunari.
Il castello di
corallo è stato costruito sulla stessa griglia immaginaria sulla quale sono
state costruite le piramidi egiziane, anch'esse allineate con gli equinozi.
La porta di
ingresso è costituita da un monolite del peso di 9 tonnellate, "imperniata" al
centro (esattamente sul baricentro del masso di pietra) con un perfetto
bilanciamento tale per cui era sufficiente spingere con un dito il masso per
muoverlo: si diceva che "si sarebbe aperto anche solo con la forza di un
bambino" ...
Ebbene, nel 1986 la
porta si bloccò ed un gruppo di ingegneri fu incaricato di ripararla. Dopo avere
sollevato il blocco si scoprì così che Leedskalnin aveva utilizzato il
cuscinetto di un vecchio autocarro come perno, e che il blocco della porta era
stato causato dalla ruggine su questo componente. Dopo i lavori di
ristrutturazione, è necessaria molta più forza per aprirla: non si è riusciti a
ritrovare quella "scorrevolezza" che c'era una volta ...
CRONOSTORIA
Edward Leedskalnin
nacque a Riga in Lettonia il 10 agosto 1887.
Secondo la
biografia di Joe Bullard, Waiting for Agnes, all'età di 26 anni venne
abbandonato da Agnes, la fidanzata sedicenne, il giorno prima delle nozze. In
seguito alla profonda delusione cominciò a maturare l'idea di costruire un
castello per fare colpo sull'amata. Iniziò così a viaggiare per l'Europa, il
Canada e gli Stati Uniti in cerca di un luogo dove stabilirsi.
Dopo essere stato
colpito dalla tubercolosi fu costretto a trasferirsi un una località dal clima
mite, e giunse così in Florida nel 1918. Iniziò quindi la costruzione del suo
castello nelle vicinanze di Florida City, dove aveva acquistato 10 acri di
terreno.
Nel 1936
l'espansione edilizia portò alla costruzione di nuovi lotti edilizi nelle
vicinanze della sua proprietà e Leedskalnin, essendo una persona molto
riservata, decise di trasferirsi in un luogo più isolato. Passò così i
successivi 10 anni a trasferire ciascuna pietra da Florida City alla località
dove attualmente sorge Coral Castle, ad una distanza di circa 16 km. In questa
operazione fu aiutato da un amico che aveva un vecchio camion.
Edward in seguito
aveva deciso di svelare il segreto che gli aveva permesso di costruire da solo
Coral Castle a degli amici fidati. Nel 1950 mandò una lettera ai suoi amici con
scritto: a dicembre del 1951 venite da me che vi svelerò il segreto di come ho
fatto a costruire il castello, ma poco tempo prima di poterlo fare morì.
Nel dicembre 1951
Leedskalnin ebbe un forte dolore allo stomaco; incise su una roccia la frase
"Vado in ospedale, torno presto" e prese la corriera per la città (non aveva
un'automobile, conduceva una vita molto semplice e si spostava in bicicletta).
Ma non tornò: morì
dopo tre giorni in ospedale, il 7 dicembre, per un tumore maligno allo stomaco, il suo segreto (se un segreto c’era ...).
Il castello fu
ereditato da un nipote che nel 1953, poco prima della morte, lo donò ad una
famiglia dell'Illinois.
Cristopher Dunn e i segreti delle piramidi.
Attratto da
quanto prospettato da Petrie, un altro tecnologo esperto nel settore,
Cristopher Dunn, ha seguito le indagini e ha redatto, nel 1983, un
articolo titolato "Macchinari avanzati nell'Antico Egitto", ove
prospetta la soluzione finale del quesito.
I nuclei rinvenuti da Petrie presentavano una forma conica, con un
diametro inferiore sulla cima, nel punto in cui il trapano poggiava. I
solchi erano perfetti in ogni materiale e formavano una spirale
simmetrica. Nella spirale stessa i solchi erano equidistanti fra loro
qualunque fosse il materiale e questo contravveniva alle usuali regole
geologiche.
Per ottenere questo nel granito doveva essere pratica una pressione di almeno un paio di tonnellate.
La moderna tecnologia possiede trapani che ruotano a 900 giri al minuto,
secondo Dunn gli egizi erano in grado di forare il granito con trapani
che ruotavano cinquecento volte più veloci. Usando trapani diamantati a
ultrasuoni, che sviluppano una vibrazione a velocità incredibile, che
provocano nel quarzo contenuto nel granito una risonanza detta "per
simpatia", dello stesso ritmo degli ultrasuoni, si può penetrare
velocemente nella pietra e amplificare l'azione abrasiva dell'utensile.
La cosa più sconcertante è che tale tecnologia è stata inventata solo
negli ultimi cinquant'anni e nessuno si sente di attribuire tale
conoscenza al popolo Egiziano. Petrie non poteva trovare una simile
soluzione, ma oggi possiamo ancora andare oltre e iniziare a setacciare
le varie storie che parlano dell'uso del suono per ottenere alcuni
lavori.
Masudi racconta che i costruttori delle piramidi utilizzavano vibrazioni
acustiche intonate su una precisa frequenza per sollevare e trasportare
i blocchi di pietra. Tali storie non sono solo circoscritte all'Egitto.
A questo punto le mie indagini mi hanno portato anni fa a conoscere e
leggere quanto stabilito e scritto da Cristopher Dunn, sia riguardo
all’uso di trapani ad ultrasuoni per praticare i famosi fori trovati nel
granito ad Aswan e a Gisa, come testimoniato dai nuclei ritrovati; sia
in merito all’ipotesi che la Piramide di Giza sia una "Centrale
Elettrica", come la definisce Dunn nel suo "Giza Power Plant".
In sintesi, per Dunn la Piramide sarebbe stata costruita per attingere e
amplificare la frequenza della Terra, prodotta dal suo
elettromagnetismo sotterraneo e dall’atmosfera che la circonda; non a
caso sarebbe posizionata sul principale nodo elettromagnetico terrestre.
Cristopher Dunn nel suo articolo "Macchinari Avanzati nell’Antico Egitto" scrive:
"Secondo gli egittologi il granito veniva tagliato inserendo un cuneo di
legno che inzuppato di acqua si gonfiava fino a spaccare la roccia. Ma
il granito spaccato è notevolmente diverso da quello tagliato. I
primitivi strumenti di rame esposti nel Museo del Cairo non potevano
tagliare il granito.
Al Sud della seconda piramide ho trovato abbondanza di segni di fori
effettuati con una trivella, visibili nelle varie fasi di distruzione.
L'archeologia è lo studio della storia dei creatori di utensili, poiché a
mezzo dei manufatti creati possiamo capire il livello di avanzamento
della società. Il martello è stato il primo utensile adoperato, con esso
sono stati forgiati e lavorati i metalli.
Da quando l'uomo ha compreso come apportare profondi cambiamenti
nell'ambiente con l'applicazione della forza e dell'accuratezza, lo
sviluppo degli utensili è stato un continuo affascinante aspetto
dell'attività umana.
La Grande Piramide conduce a una lista di manufatti che sono stati
incredibilmente incompresi e male interpretati dagli egittologi. Essi
hanno postulato teorie e metodi basati su una collezione di utensili che
sono discutibili. In questo periodo della storia egizia risultano
prodotti manufatti in numero prolifico ma nessun utensile è
sopravvissuto per spiegare la loro creazione. Quelli scoperti non
rappresentano completamente la "punta del progresso" raggiunto. Ci sono
alcuni intriganti oggetti che sopravvivono a questa civiltà e malgrado i
momenti più visibili, non conosciamo a pieno l'esperienza di questo
popolo sulla Terra.
Rocce eruttive quali granito e diorite furono tagliate con estrema
competenza e accuratezza. Il primo egittologo Sir William Flinders
Petrie si accorse che questi utensili erano insufficienti e lo ammise
nel suo libro "Piramidi e templi di Giza".
Senza dubbio i manufatti che Petrie ha studiato furono prodotti usando
torni. Nel Museo del Cairo alcuni sarcofagi mostrano tracce di tornio.
Quale utensile è stato usato per eseguire il taglio?
Gli esami hanno rivelato che alcune ciotole studiate da Petrie avevano
due raggi intersecati, indicando chiaramente che erano state tagliate
usando due assi di rotazione separati. Gli stessi effetti si possono
osservare in un sarcofago conservato nel Museo del Cairo. Anche il
sarcofago nella camera del re presenta gli stessi segni. I costruttori
delle piramidi hanno usato una tecnica comunemente conosciuta come
"Trepannig", che implica l'uso di un utensile tubolare.
Petrie studiò i nuclei lasciati dai lavoratori che praticarono il foro
usando tale metodo; la spirale del taglio rivela che lo strumento usato
per praticare il foro ha scavato la dura roccia con una velocità di 0,2
centimetri per ogni rivoluzione. Un tasso di aratura del quarzo
stupefacente, prova che lo strumento è penetrato nel quarzo più
velocemente che nel feldspato.
Si osservano tre caratteristiche estremamente interessanti del foro:
- L'esistenza di un cono nel foro e nel nucleo.
- Una scanalatura elicoidale simmetrica che segue questi coni, che
mostrano l'uso del trapano, con una traccia di cento pollici per giro.
- La scanalatura a spirale è più profonda nel quarzo che nel feldspato. L'inverso di quanto avviene convenzionalmente.
Donald Rahn del Rahn Granite Surface Plate Co. di Dayton, Ohio, ha
affermato nel 1983, che, nel perforare il granito, trapani a punta di
diamante ruotano a 900 giri al minuto penetrando nel granito di 1
pollice in 5 minuti. Dagli esami risulta una spirale simmetrica, e ciò
significa che gli Egizi erano capaci di tagliare il granito con uno
strumento che girava 500 volte più veloce. La loro abilità di forare
senza scheggiare la roccia è stupefacente.
Coloro che sono esperti nella cronologia dei metalli sono a conoscenza
che il rame non può tagliare il granito, sarebbe come affermare che
l'alluminio può essere tagliato dal burro.
Quando Petrie ha studiato i manufatti il metodo ultrasonico non era
ancora conosciuto. L'applicazione di macchine ultrasoniche è il solo
metodo che soddisfa completamente la logica di una tecnica e spiega
tutti i noti fenomeni. L'oscillazione del movimento di uno strumento che
scheggia il materiale molto più velocemente vibrando da 19.000 a 25.000
cicli per secondo (hertz) ha trovato applicazione nella macchine di
precisione usate per formare fori nel materiale duro, quale acciai
induriti, carburi, ceramica, semiconduttori. I residui abrasivi e la
colla sono usati per accelerare l'azione del taglio.
Nella produzione di suoni ultrasonici sono impiegati i cristalli al
quarzo responsabili della vibrazione nelle gamme ultrasoniche, perché il
quarzo può essere indotto a vibrare ad alte frequenze e permette di
praticare fori più velocemente.
La teoria di macchine ultrasoniche risolve la questione dove le altre
teorie hanno fallito dal momento che molti manufatti provano, senza
ombra di dubbio, che sono stati usati, dai costruttori delle piramidi,
strumenti altamente avanzati e metodi specializzati."
Dunn è rimasto impressionato da manufatti trovati nel tempio Serapeum di
Saqqara, che oggi, pur usando metodi di lavorazione moderni,
necessitano di essere tracciati e controllati. Occorre infatti un
interferometro al laser con superficie piana al controllo delle
capacità, un calibro ultrasonico per controllare lo spessore, un piano
ottico con fonte di luce monocromatica.
Scrive ancora Dunn:
Insieme a Eric Leither, della Tru Stone Corp., abbiamo esaminato i
giganteschi contenitori di granito del tempio di Serapeum. Eric afferma
che nella sua azienda non possiede l'equipaggiamento o la capacità di
produrre contenitori in quel modo. La sua compagnia può creare le
scatole in cinque pezzi che saranno assemblate successivamente sul luogo
d'arrivo.
I costruttori delle piramidi hanno usato macchine a tre assi per guidare
l'utensile che creava i manufatti. Molti dei manufatti che la moderna
civiltà produce sarebbero impossibili da produrre usando il semplice
lavoro manuale. Abbiamo sviluppato macchine per creare i profili
estetici dell'auto, per esempio, l'utensile per il taglio deve seguire
esattamente un percorso sagomato predeterminato in tre dimensioni per
mezzo di due o tre assi di movimento.
La precisione di questi manufatti è irrefutabile. Perché era necessaria
questa precisione nella costruzione? Le implicazioni della domanda sono
profonde.
Dove sono adesso le macchine usate per la costruzione?
Le macchine sono degli utensili. Più di 80 piramidi sono state scoperte e
gli utensili serviti a costruirle non sono mai stati trovati. I pochi
strumenti di rame che sono stati scoperti non rappresentano il numero di
utensili che potrebbero essere stati usati da ogni lavoratore che ha
lavorato alle piramidi a Giza.
Nella sola Grande Piramide vi sono 2.300.000 di blocchi del peso di 20
ton. ognuno di media. Una montagna di evidenze senza utensili a spiegare
la sua creazione.
I metodi semplici non soddisfano le evidenze, tanto meno quelli considerati.
Da quando Petrie per primo fece le sue critiche osservazioni la nostra
civiltà ha compiuto passi da gigante dal punto di vista tecnologico, si
evidenzia di più il lavoro di questi antichi artigiani comparando questi
manufatti con il corrente livello di esperienza e avanzamento
tecnologico.
Così anche se le macchine non sopravvivono migliaia di anni dal loro
uso, dobbiamo presupporre, dalle obiettive analisi delle evidenze, che
sono esistite. A Dendera, per esempio, si può vedere la rappresentazione di un tubo di
Crooke scolpito nel granito, ossia il dispositivo che ha permesso di
scoprire i raggi X".
Tom Danley e le basse frequenze.
Un altro ingegnere pratico di acustica si è inserito per sviluppare il pensiero di Dunn, tale Tom Danley. Ha scritto un articolo, che si può rintracciare nel sito "The Giza: The Truth" http://www.ianlawton.com/gttindex.htm, sugli esami condotti all’interno della piramide effettuati dopo aver letto il libro di Dunn.
Danley ha lavorato per anni in un'azienda incaricata dalla NASA di
condurre studi in campo acustico e vedere quali effetti producono
sull’uomo. Si è recato in Egitto a misurare la risonanza acustica nelle
piramidi. Ha utilizzato due sistemi di altoparlanti per i toni di prova,
un sistema per frequenze superiori a 100 Hz, più un amplificatore di
potenza, TEF 12, e un accelerometro.
Dai suoi studi risulta un tunnel sotto la Sfinge. Lui stesso, con un
compagno, ha perlustrato la cavità posteriore del monumento. È un
corridoio che si divide in due rami, uno sale in alto, l’altro scende
fino a tre metri e mezzo in profondità; il pavimento una volta percosso
suona a vuoto.
Nella Camera del Re, che ha uno spessore murale minimo di 61 metri, ha
usato corrente alternata e un altoparlante per misurare le basse
frequenze. Intorno a 90 Hz, dopo essere partito da 200, 20, ecc.,
modulando a 1.1 Hz/sec. veniva prodotta della vera energia. La parola
inglese dice "trasferita".
Vicino a 30 Hz una risonanza ha fatto correre tutti fuori dalla stanza.
Hanno avuto paura accadesse qualcosa di terribile in seguito alla
produzione di risonanze di alta qualità a basse frequenze. Potevano
rimanere sepolti in seguito a crolli improvvisi prodotti dal suono.
Ha notato poi una cosa strabiliante. Assicura che il sarcofago ha
esibito una svariata tipologia di risonanze corrispondenti a quelle
ambientali. Una volta sdraiati al suo interno, pronunciando note con la
"giusta frequenza", il volume appare molto più alto, ma non per coloro
che si trovano vicino al sarcofago.
Si è infine accorto che il vento crea una vibrazione armonica compresa
fra 16 e/o 50 Hz, di bassa frequenza, non udibile all’orecchio umano,
simile ad un accordo "Fa Diesis" che corrisponde al centro di risonanza
della terra, cosa testimoniata dagli antichi scritti egizi e a cui fa
riferimento Dunn.
Nella Piramide le frequenze sono presenti anche se non vengono prodotti
suoni, alimentate dal vento che penetra attraverso i vani.
Quindi per Danley 2.500.000 di blocchi sono accordati sulla frequenza
della terra Fa Diesis. Ci mette al corrente che sono in corso indagini da parte della Shor Foundation.
L'USO DEL SUONO
In questa nuova ottica, la piramide non è una tomba ma una sorta di
Tempio, ove queste risonanze furono intenzionalmente inserite nella
struttura. Molte esotiche proprietà sono state ascritte al potere della
Piramide, ma alcuni dei fenomeni sono causati da proprietà acustiche.
I suoni in questione sono stati studiati anche per il programma
spaziale, per osservare gli effetti sugli individui. (Alfa ritmi)
Nel 1996 Paul Devereux e Robert Jahn elencarono un numero di antiche
strutture, in Inghilterra e Irlanda, apparentemente destinate ad
aumentare basse frequenze nei toni di voce. Al loro interno usavano
cantare i Mantra per ottenere l’effetto. Emerge che gli antichi aveva il
controllo di questi principi.
Inoltre, gli sciamani americani intagliano ossa e legno per fabbricare flauti che producono la stessa nota: un Fa Diesis.
Cosa dire del flauto ritrovato da Leopoldo Batres nella Piramide del
Sole a Teotihuacan, andato ovviamente perduto, che produceva una scala
musicale, a sette note, diversa da quella europea?
Una piccola curiosità: nel cartone animato Arsenio Lupin il famoso ladro
scassa le casseforti usando una vibrazione modulata sul Fa Diesis,
questo a conferma che la cosa è nota.
Dunley ribadisce che la composizione della sabbia, esaminata in un vano
dietro la camera della Regina, datata da alcune fonti ad un epoca
precedente la glaciazione, per il contenuto di metalli, reperibile a Sud
di Giza e che altre fonti, come la Waseda University Giapponese, sembra
provenire dal Sinai, sia composta dal 99% di quarzo.
Appare quindi l'intenzionalità nell'usare specifici materiali per
ottenere delle risonanze. Il quarzo, infatti, è in grado di risuonare
come una campana e generare energia costante.
Studi effettuati sugli effetti di suoni a bassa frequenza hanno appurato
che gli ultrasuoni alterano l’attività cerebrale e altre funzioni
biologiche. La piramide potrebbe essere stata adoperata per alterare lo
stato cerebrale e mutare il livello di coscienza.
Oggi sappiamo bene che esistono apparecchiature che, combinando luci e
suoni, riescono a indirizzare le onde cerebrali su di una data
frequenza. Non è richiesta nessuna pratica consapevole, il soggetto è
passivo.
La gamma di frequenza è al livello basso dello spettro uditivo, inferiore alle frequenze udibili.
Le dimensioni del sarcofago sono tali da produrre un amplificazione acustica nella gamma vocale di bassa frequenza.
Il suono quindi è stato da sempre usato per creare, amplificare uno
stato emotivo, come ho già accennato, vedi gli organi nelle cattedrali,
la musica dei film, e in discoteca.
Nel nostro sistema "Solare", parola che qualcuno indica derivante dalle
tre note Sol, La, Re, risulta che la superficie del Sole corrisponda a
un "Do Diesis".
Nel sistema vi sono due ottave, una dal Sole a Mercurio, la seconda da Mercurio a Plutone.
Il "Fa Diesis" corrisponde al punto di cambiamento del registro del
soprano se il Do della scala è a 256 Hz, l’accordatura per essere vera,
deve essere fatta con il Do centrale a quella frequenza in quanto anche
nel sistema solare vi è lo stesso concetto, cioè il Do musicale a 256 Hz
è in "armonia" con l’ordine del macrocosmo del nostro sistema solare;
nella "Tavola periodica degli Elementi", vi è lo stesso cambio di
registro.
Come vi è un cambio di registro nella voce umana e nel sistema Solare,
vi è una corrispondenza diretta fra geometria del sistema Solare e
quella del sistema Musicale.
Tutta la materia, corpo umano compreso, è composta di atomi, che vibrano
secondo determinate lunghezze d’onda. La malattia è una alterazione di
queste frequenze; ne abbiamo dimostrazione anche con le apparecchiature
Bio elettroniche di tutti i tipi.
Recenti studi, nel laboratorio Europeo di ricerca sulle particelle sub
nucleari, hanno confermato che ogni particella sub nucleare è
influenzata dalle variazioni lunari, terrestri e solari, alterazioni dei
campi magnetici, macchie solari, terremoti, dai campi elettromagnetici,
per cui abbiamo la dimostrazione che tutta la materia vivente è
interagente con qualsiasi altra materia a livello sub atomico.
Ipotesi... Se le teorie di
Dunn e di Dunley sono esatte la piramide assume ben altro e più grande
significato. Siamo in presenza di un tempio, o di un congegno che,
sfruttando l’energia sonica prodotta da qualche particolare nota
musicale, riusciva ad aprire una porta spazio temporale?
L’ipotesi è a dir poco affascinante ma potrebbe divenire inquietante se
all’improvviso si dovesse rivelare come un meccanismo utilizzato per
cambiare la frequenza delle onde cerebrali; una sorta di macchina per il
lavaggio del cervello.
Siamo
davanti ad una porta che si apre davanti a impensati scenari, le cui
strade si diramano in varie direzione verso l'infinito. Sono strade che
portano a concludere che se alla base di tutto esiste una bassa
frequenza, una serie di ultrasuoni che producono vibrazioni simpatiche,
si può cercare di fornire alcune spiegazioni riguardo ad alcuni
fenomeni, o quantomeno ipotizzare che tali frequenze o vibrazioni siano
il mezzo per provocare tali fenomenologie.
Le trasmissioni radio televisive, le comunicazioni telefoniche,
utilizzano già queste onde di frequenza che viaggiano nell’etere,
avvalendosi poi di satelliti e ripetitori che amplificano e trasmettono
il segnale in ogni punto del pianeta.
Un radio messaggio
inviato anni fa nello spazio per farci conoscere agli altri ipotetici
abitanti dell’universo, sembra abbia già avuto una risposta sotto forma
di Crop Circle.
Indirizzando determinate frequenze in un preciso punto si potrebbe far
assumere, dall’erba o dalle spighe di grano, precise figure,
interferendo con le onde elettromagnetiche del luogo e dei vegetali?
Abbiamo detto che queste onde, frequenze, o "vibrazioni simpatiche",
possono influenzare e alterare le onde cerebrali, si può facilmente
desumere, o forse qualcuno preferisce "ipotizzare", che utilizzando una
frequenza si può trasmettere nella mente di una persona, sintonizzata
sulla stessa lunghezza d’onda, immagini visibili solo dal soggetto
interessato pur trovandosi in mezzo ad altri. Così si crea il noto
fenomeno delle "visioni"?
Non è poi molto assurdo: ognuno di noi possiede certo una "frequenza
personale", quella che è stata definita "bodyprint", le frequenza della
vibrazione del nostro corpo, un impronta corporea personale che può
essere monitorata attraverso un satellite.
La radioestesia pone in risalto tutto questo e fornisce una prova
indiretta che questo corrisponde al vero, evidenziando che ognuno di noi
reagisce in modo diverso al cambiamento climatico, al vento, al caldo,
al freddo, alle radiazioni cosmiche, ai colori, ai suoni. Si è venuta a
stabilire una nuova forma di riconoscimento, dal momento che si
manifestano variazioni individuali nel nostro organismo, in relazione al
campo elettromagnetico nel quale siamo immersi.
Concludendo, siamo circondati e viviamo in mezzo a "frequenze", solo
trovando quella a noi più consona troveremo il perfetto equlibrio.
Dobbiamo presupporre che gli antichi ne erano a conoscenza, come
dimostrano i monumenti che ci hanno lasciato in eredità; forse essi
avevano trovato la "giusta frequenza", quella che governa e regola
l’intero universo e le forze che in esso interagiscono.