"Ci sono scienziati di secondo e terzo rango, che non vanno molto lontano... e quelli di primo rango, che arrivano a scoperte fondamentali per lo sviluppo della scienza.... ma poi ci sono i geni, come Galileo o Newton... ebbene, Ettore Majorana era uno di quelli!!!"
MAJORANA TRA REALISMO E ASTRAZIONE
Le forze nucleari
Il 1932 è un anno mirabile per la fisica: a gennaio James Chadwick dimostra l'esistenza del neutrone, la tanto sospirata particella neutra costituente del nucleo atomico la cui esistenza era stata ipotizzata da Rutherford fin dal 1920. Comprensibilmente l'interesse di Majorana è attratto di nuovo dalla fisica nucleare e in pochi giorni riesce a formulare un modello secondo cui il nucleo atomico è costituito da protoni e neutroni che interagiscono attraverso forze di scambio che dipendono soltanto dalle loro coordinate spaziali. In questo modo riusciva a spiegare il motivo per cui le particelle alfa, composte da due neutroni e due protoni, siano entità molto più stabili rispetto ai nuclei del deuterio, composti soltanto da un neutrone e un protone, più debolmente legati. Fermi cerca di convincerlo a pubblicare, ma Majorana si rifiuta e impedisce a Fermi perfino di parlarne nel corso di un congresso internazionale sull'elettricità che doveva tenersi a Parigi nel luglio del 1932. Lo stesso Edoardo Amaldi ha ricordato la forte reazione emotiva di Ettore: “Majorana era furioso, era una di quelle volte in cui l'ho visto veramente su di giri. Disse: ‘Ti proibisco di far parola di queste cose così stupide. Non voglio che tu vada in giro a gettare discredito su di me'”. Il numero datato 19 luglio 1932 della Zeitschrift für Physi k conteneva il primo lavoro di Heisenberg sulle “Forze di scambio di Heisenberg”.
A quel tempo si riteneva ancora che il neutrone fosse una particella composta, uno stato legato protone-elettrone. Questa idea suggerì a Heisenberg di affrontare il problema analogamente al caso dello ione molecolare di idrogeno e della molecola di idrogeno: un neutrone e un protone si scambiano un elettrone, come accade nel primo caso, mentre due neutroni si scambiano i due elettroni, come accade nel secondo. Nel 1932 si conoscevano benissimo le proprietà delle particelle alfa, formate da due protoni e due neutroni, e la loro grande stabilità, ma quasi nulla si sapeva sul deuterio, un isotopo dell'idrogeno identificato appena dieci settimane prima del neutrone, il 5 dicembre del 1931. Questo episodio ha contribuito ad accrescere il mito di un Majorana restio a pubblicare, costantemente insoddisfatto e perennemente critico verso il proprio lavoro e quello altrui. Probabilmente Majorana giudicava la sua teoria, e anche quella di Heisenberg, un tentativo imperfetto, suscettibile di profondi cambiamenti, troppo fenomenologica per essere soddisfacente dal suo punto di vista. Si può quindi capire che Majorana fosse titubante nel consentire a Fermi di rendere noti i suoi risultati. Il fondamento delle ipotesi era tutto sommato fragile e non si poteva asserire che quella fosse l'unica teoria in grado di descrivere le proprietà nucleari. Per di più, probabilmente, al centro dei suoi interessi c'erano ormai l'equazione di Dirac e le problematiche ad essa connesse e la nascente elettrodinamica quantistica, che stava per misurarsi con le alte energie in gioco nella fisica dei raggi cosmici, all'epoca ancora in pieno regime di mistero e in una fase del tutto pionieristica. L'esistenza del neutrone tra i componenti del nucleo doveva ancora essere assimilata e integrata in una fisica teorica che cominciava appena a misurarsi con interazioni tra le particelle diverse da quelle elettromagnetiche. La coesistenza a livello del nucleo di entità neutre faceva sospettare l'esistenza di forze per descrivere le quali il modello di Heisenberg, Wigner e Majorana costituiva appena un inizio.
Majorana e l'equazione di Dirac
A partire dagli anni trenta i fisici si trovarono a dover superare il concetto di punto materiale newtoniano come espressione di un mondo semplice ed elegante costituito da due specie di piccoli corpi rigidi dotati di diversa massa e carica l'uno positiva e l'altro negativa. Le osservazioni dimostrarono che questo ideale di semplicità non corrispondeva alla complessità del mondo naturale. Lo zoo delle particelle elementari era destinato ad aumentare a dismisura; una folla di centinaia di particelle la cui vita in alcuni casi può durare solo frazioni infime di un secondo, era destinata ad entrare prepotentemente nel mondo della fisica fondamentale. Già da allora la descrizione di entità come gli atomi e le particelle come il protone e l'elettrone imponeva ai fisici concetti come l'indeterminazione e la complementarità, oltre a caratteristiche intrinseche lontanissime dalle qualità degli oggetti macroscopici. D'un colpo, scompariva il punto materiale con le sue traiettorie e nascevano, con grande disorientamento generale, “sistemi” materiali elementari che però non si sapeva bene che cosa fossero, un po' onde e un po' corpuscoli, a seconda di come li si osservava. Le variabili dinamiche classiche perdevano la loro qualità essenziale, quella di essere misurabili sempre e comunque e diventavano misurabili sotto specifiche condizioni , una per volta e compatibilmente: non la posizione e la velocità insieme (addio traiettorie!), non l'energia e il tempo (addio previsioni deterministiche!). I sistemi così descritti sono suscettibili di trovarsi più che in certi punti dello spazio e in certe condizioni di movimento in dati istanti, in certi “stati” e la loro evoluzione non veniva descritta da una successione temporale continua di posizioni ma da una successione, appunto, di “stati”, dall'uno all'altro dei quali si passa con una certa “probabilità di transizione”, che rappresenta ciò che la teoria consente di calcolare, senza che nemmeno si possa dire quando esattamente la transizione avverrà.
Nella seconda metà degli anni venti i fisici furono costretti ad abituarsi a una grande quantità di concetti nuovi e sconvolgenti, accanto allo sviluppo dell'adeguato formalismo matematico per esprimerli. Tuttavia, ancora negli anni trenta, la naturale resistenza umana nell'adottare idee nuove e poco familiari si concretizzava in atteggiamenti del tipo: meglio essere conservatori e negare attendibilità a una nuova teoria, piuttosto che ammettere l'esistenza di nuove particelle per spiegare fenomeni incomprensibili. Lo stesso Niels Bohr era disposto a rinunciare alle consolidate leggi di conservazione dell'energia e dell'impulso a livello microscopico, piuttosto che accettare l'ipotesi del neutrino, una nuova particella proposta da Pauli per risolvere alcuni paradossi connessi al decadimento beta, l'emissione di elettroni da parte di nuclei radioattivi. Tale fenomeno era strettamente collegato alla convinzione che il nucleo atomico fosse costituito da protoni e da particelle neutre formate da uno stato legato protoni-elettroni, per rendere conto della massa nucleare osservata. Nell'ambito dell'elettrodinamica quantistica il neutrino sarebbe stato incorporato da Enrico Fermi nell'autunno inverno del 1933 in una teoria del decadimento beta, che implicava l'esistenza di un nuovo tipo di interazione, l'interazione debole, responsabile del processo di decadimento. Attraverso il concetto coraggioso di “creazione” di nuove particelle (il neutrino e l'elettrone) nel corso del processo radioattivo, Fermi bandiva definitivamente gli elettroni come costituenti del nucleo e forniva una base concreta all'esistenza della fantomatica particella, tanto elusiva che soltanto nel 1956 sarebbe stata finalmente rivelata da Clyde Cowan e Fred Reines.
Lo stesso Dirac espresse all'epoca la convinzione che proprio le chiavi fornite dalla matematica consentono la definizione di un programma per superare un atteggiamento conservatore in fisica: “Il metodo più potente per progredire che si possa suggerire attualmente è quello di impiegare tutte le risorse della matematica pura in tentativi per perfezionare e generalizzare il formalismo matematico che costituisce la base esistente della fisica teorica e dopo aver raggunto il singolo successo in questa direzione, cercare di interpretare le nuove caratteristiche in termini di entità fisiche”. Naturalmente Dirac scrisse queste righe dopo che i fisici sperimentali a caccia di raggi cosmici ebbero fornito una prova eclatante che l'equazione di Dirac era ancora più intelligente di quanto il suo stesso creatore avesse osato sperare.
In ogni caso, fino al 1932 si supponeva universalmente che protoni ed elettroni negativi fossero i costituenti fondamentali del mondo fisico. Nell'autunno di quell'anno Carl Anderson confermava di aver osservato nella camera a nebbia la traccia di una particella la cui massa appariva molto vicina a quella dell'elettrone, ma carica positivamente. Subito dopo Patrick Blackett e Giuseppe Occhialini dimostrarono a Cambridge l'esistenza delle coppie elettrone-positrone correttamente da loro interpretate come la creazione di materia e antimateria da parte di fotoni dotati di energia corrispondente almeno alla massa a riposo di tali particelle, secondo la relazione derivata da Einstein E=mc^2 . Queste osservazioni costituivano una prima conferma dell'equazione di Dirac, fino a quel momento oggetto di violente critiche, in particolare da parte di Wolfgang Pauli e Werner Heisenberg, a causa della presenza degli stati ad energia negativa per gli elettroni, derivanti sempre dalla relazione di Einstein. Convinto che non fossero da scartare a priori, Dirac aveva cercato una spiegazione fisica per tali stati ed era stato indotto a considerare un mondo nel quale tutti, o quasi tutti, gli infiniti stati a energia negativa erano occupati da un solo elettrone, tenendo conto del principio di esclusione di Pauli che impedisce l'occupazione di un dato stato quantico a più di un elettrone. Tali stati formano quello che all'epoca venne chiamato il “mare di Dirac”. Normalmente le transizioni da uno stato ad energia positiva ad uno di energia negativa non possono verificarsi, il “mare” non è osservabile direttamente. Tuttavia, se un elettrone, sotto l'influenza di una sollecitazione esterna, lascia il suo stato di energia negativa e salta in uno stato a energia positiva, diviene visibile, così come la “lacuna” che ha lasciato nel mare di elettroni ad energia negativa. Restava quindi il problema dell'interpretazione fisica delle lacune, stati occasionalmente non occupati, che si comportano come particelle di carica positiva, che dopo un periodo di dubbi furono identificati come anti-elettroni particelle dotate della stessa massa, ma di carica opposta. Se un fotone di alta energia strappa un elettrone dal mare che riempie tutto il vuoto e lascia, al suo posto una “lacuna”, allora l'elettrone liberato e la lacuna si comportano come una coppia di particelle meccanicamente uguali ma diverse per il segno della carica elettrica e del momento magnetico: nasce una coppia elettrone-positrone. L'identificazione del positrone e delle coppie elettrone-positrone avvenuta alla fine del 1932, rappresenta uno dei momenti di massimo splendore della fisica teorica di tutti i tempi.
Ettore Majorana, appunti manoscritti preparatori all'equazione
a infinite componenti (Domus Galilaeana)
Majorana,
come molti, era estremamente critico nei confronti del “mare” di stati a
energia negativa - possibile che si debba pagare il prezzo di
introdurre un mare infinito di elettroni? - e fin dal 1930 aveva cercato
di aggirare il problema, approdando alla costruzione della prima teoria
relativisticamente invariante di particelle con spin
arbitrario, sia intero che semintero (in unità opportune). Va ricordato
che all'epoca esistevano sostanzialmente l'elettrone e il protone
(particelle cariche dotate di massa e spin semintero) e il fotone
(particella senza massa di spin intero), e che la scoperta del neutrone
(particella neutra di spin semintero) precede di pochi mesi la
pubblicazione dell'articolo di Majorana, Teoria relativistica di particelle con momento intrinseco arbitrario,
pervenuto alla redazione del Nuovo Cimento nell'estate del 1932, ma in
realtà elaborato fra il 1930 e il 1931. Va ricordato che nemmeno il
positrone era ancora stato individuato quando Majorana, facendosi
guidare dal formalismo matematico e dalla richiesta fisica di evitare le
masse negative, ebbe il coraggio intellettuale di speculare su
particelle ipotetiche di spin qualsiasi approdando in un territorio del
tutto inaspettato. Nella seconda metà degli anni trenta il problema fu
affrontato da molti, prima di tutti dallo stesso Dirac, che nel 1936,
con il lavoro Relativistic wave equations pubblicato sui Proceedings della
Royal Society era mosso dall'opportunità di: “avere pronte le equazioni
per una possibile futura scoperta di una particella elementare di spin
maggiore di un mezzo”. Quasi tutti citeranno Dirac, mentre il lavoro di
Majorana rimase all'epoca quasi sconosciuto per più di un motivo. Era
stato pubblicato in italiano sul Nuovo Cimento, quando ancora questa
rivista non aveva una diffusione internazionale, inoltre la scoperta del
positrone avvenuta di lì a poco aveva rivestito di significato fisico
gli stati di massa negativa, addirittura incorporando automaticamente
l'antimateria nella teoria di Dirac. Tra le altre ragioni va di nuovo
sottolineato che all'epoca i fisici non avevano alcuna familiarità con
la teoria dei gruppi, che addirittura era vista con sospetto da molti.
In quegli anni la fisica delle particelle elementari era ancora agli
albori, mentre sorprendenti scoperte sperimentali e teoriche e una
varietà di interrogativi misteriosi erano pronti a spuntare da ogni
angolo. La fisica atomica, è vero, era stata ben inquadrata, ma i raggi
cosmici e il nucleo atomico avevano in riserva sorprese inimmaginabili
per i fisici degli anni trenta. Arrivati a gli anni Cinquanta i fisici
sperimentali rischiavano di doversi trasformare in “botanici”, intenti a
trovare un nome alle innumerevoli particelle nuove che man mano
venivano scoprendo, sia nei raggi cosmici sia utilizzando gli
acceleratori, che ormai avevano raggiunto energie superiori a quelle in
gioco nelle particelle dei raggi cosmici. I fisici teorici dal canto
loro si dibattevano nelle più grandi difficoltà cercando una spiegazione
del perché le particelle di questo “zoo” si presentassero con quelle
specifiche proprietà e non altre. D'altra parte, come aveva mostrato
Majorana, le particelle elementari si comportano come se fossero
elementi di un gruppo. Nei primi anni Sessanta molti fisici compresero
che la teoria dei gruppi poteva essere utilizzata partendo dal punto di
vista che le leggi di conservazione a cui obbediscono le particelle
devono derivare dalle simmetrie sottostanti, simmetrie di tipo del tutto
nuovo, caratteristiche delle particelle elementari, diverse dalle
simmetrie geometriche dello spazio e del tempo a cui i fisici erano
abituati. Naturalmente tutte le trasformazioni che conservano qualche
proprietà possono formare un gruppo; infatti la potenza del metodo
apparve chiara nel 1964, quando venne scoperta la particella W - , che
occupava un posto rimasto vuoto nello schema con cui 10 particelle erano
state classificate e raggruppate in base al gruppo di trasformazione
SU(3), un gruppo formato da otto elementi. Da allora la teoria dei
gruppi è entrata definitivamente a far parte dell'abituale bagaglio di
strumenti matematici del fisico teorico. a infinite componenti (Domus Galilaeana)
Il neutrino di Dirac e di Majorana
All'inizio del 1933, Majorana partì per Lipsia, dove Heisenberg lo convinse a pubblicare la sua teoria delle forze di scambio nucleari, Über die Kerntheorie . Là van der Waerden gli spiegò che nella sua teoria relativistica era contenuta “una importante scoperta matematica”. Effettivamente, nel 1939, Eugene Wigner pubblicherà sugli Annals of Mathematics uno degli articoli più citati del secolo XX: On unitary representations of the inhomogeneous Lorentz group . Il lavoro rappresenta il culmine dell'approccio alla relatività per mezzo della teoria dei gruppi. Nel secondo paragrafo, quasi incidentalmente, Wigner cita il lavoro di Majorana: “La prima indagine [sulle rappresentazioni del gruppo di Poncaré] è dovuta a Majorana che effettivamente ha trovato tutte le rappresentazioni trattate nel presente lavoro eccetto due”. A sua volta il lavoro di Wigner stimolerà i successivi sviluppi in questa direzione dovuti a I. M. Gel'fand, KI. A. Naimark e V. Bargman.
Il viaggio in Germania è un momento culminante nella vita scientifica di Majorana e in qualche modo costituisce un vero e proprio spartiacque nella sua vita. Dalle lettere alla famiglia traspare un forte entusiasmo per Heisenberg, che analogamente aveva fatto colpo su Giovanni Gentile Jr e probabilmente anche su Gian Carlo Wick, che avevano soggiornato quasi contemporaneamente a Lipsia all'inizio degli anni trenta. Durante il suo soggiorno a Lipsia terribili avvenimenti segnano l'inizio della catastrofe che coinvolgerà nel giro di pochi anni il mondo intero. Il 30 gennaio 1933 Hitler prende il potere, chiamato dal presidente Hindenburg. Il 1° febbraio il Parlamento viene sciolto e vengono indette nuove elezioni per il 5 marzo, un primo decreto presidenziale limita diritto di riunione e libertà di stampa. Il 23 marzo, alla prima riunione del nuovo Parlamento, Hitler chiede e ottiene i pieni poteri. La fine di ogni garanzia giuridica per i cittadini e il principio delle discriminazioni vengono annunciati in modo esplicito, come è esplicito l'annuncio della violenza di Stato contro gli oppositori: “In futuro il tradimento della nazione e del popolo sarà punito con spietatezza barbarica”, sono le sue parole. In aprile, Göring istituisce la famigerata Gestapo (o polizia segreta di Stato) e promuove la creazione dei primi campi di concentramento. Intanto si avvia la campagna antisemita. Seguendo una direttiva di Goebbels, il partito nazista forma comitati di azione “per il boicottaggio sistematico di negozi ebraici, di merci ebraiche, di medici e avvocati ebrei”, mentre una legge stabilisce l'esclusione dalle pubbliche amministrazioni dei funzionari non graditi al governo o non di razza ariana. All'inizio di maggio, è la volta dei sindacati di essere aboliti, mentre l'attacco alla cultura democratica si fa brutale: il 9 maggio bruciano sulle piazze di Berlino i roghi dei libri “non tedeschi”.
Ettore torna da Lipsia ai primi di agosto 1933, alla fine del semestre estivo. Da qualche tempo ha problemi di salute, che ne minano anche l'umore. Nell'autunno le sue visite all'Istituto di fisica si diradarono. A partire dal 1934, anno della morte del padre, Majorana si chiuse gradualmente in un isolamento sempre più profondo, fino a non uscire quasi di casa. I suoi interessi intellettuali continuavano ad essere vivissimi, se si considerano il numero eccezionale di ore dedicate allo studio e la vastità dei suoi interessi. Dedicava molto tempo alla letteratura, alla politica e all'economia politica; i suoi interessi filosofici si accentuarono e le sue letture lo portarono a meditare a fondo l'opera di Schopenhauer, come ricorda Amaldi. In questo periodo scrisse il lavoro “Il valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle scienze sociali”, pubblicato postumo a cura dell'amico Giovanni Gentile Jr sulla rivista “Scientia” nel 1942, anno della morte precoce dello stesso Gentile, il quale così commenta: “Pensatore che univa a un acuto senso realistico uno spirito estremamente critico, ma non scettico, egli assume qui una chiara posizione di fronte al dibattuto problema del valore statistico delle ultime leggi fisiche. Questo che a molti sembra un difetto, come una denuncia d'indeterminismo nel divenire della natura, è invece per il Majorana un motivo per rivendicare l'intrinseca importanza del metodo statistico, sinora nella sua essenza applicato solo nelle scienze sociali e che nella nuova interpretazione delle leggi fisiche ritrova intero il suo significato originario”. Certamente con questo lavoro di critica e di riflessione sul senso ultimo della fisica e sulla sua connessione ad altri aspetti del mondo Majorana appare assai vicino a Gentile, che in varie forme dedicò una grande parte della sua breve vita alla ricollocazione della fisica nel panorama più ampio della cultura.
In quegli anni Fermi e il suo gruppo furono protagonisti delle ben note ricerche sulla radioattività artificiale indotta dai neutroni, ricerche per le quali Fermi ottenne il premio Nobel nel dicembre del 1938, prima di trasferirsi negli Stati Uniti per sfuggire alle leggi razziali emanate anche in Italia dal regime di Mussolini che colpivano sua moglie Laura e i suoi due figli.
Forse Majorana non dava più alla fisica la preminenza assoluta che le aveva attribuito un tempo, anche se certamente non aveva abbandonato i suoi studi, come appare evidente dall'ultimo lavoro scientifico pubblicato in occasione del concorso a cattedra bandito nel 1937 per la fisica teorica. Vinse una cattedra a Napoli fuori concorso, per meriti speciali; là tenne lezione a Napoli per un paio di mesi, prima di scomparire lasciando dietro di sé un enigma che non cessa di turbare e incuriosire. Con il suo ultimo lavoro, pubblicato nel 1937 Majorana ha lasciato una eredità scientifica che ancora oggi è oggetto di ricerca. Nell'articolo Teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone Majorana è ugualmente mosso dall'intenzione sia di far “cadere la nozione stessa di stato di energia negativa” sia di evitare la necessità di “presumere per ogni altro tipo di particelle, particolarmente neutre, l'esistenza di ‘antiparticelle' corrispondenti ai ‘vuoti' di energia negativa”. Basandosi su queste richieste di natura fisica Majorana manipola matematicamente l'equazione di Dirac trovando il modo di separare le soluzioni in due parti che però soddisfano la stessa equazione di Dirac, con massa positiva; queste due soluzioni, si dimostra, non possono generare una densità di carica-corrente elettromagnetica, sicché esse corrispondono entrambe a particelle prive di proprietà elettriche. La rappresentazione delle matrici di Dirac scelta da Majorana cancella, per queste particelle, la distinzione fisica particella-antiparticella. I bosoni neutri come il fotone il pione neutro p0 ed altre scoperte successivamente sono effettivamente particelle neutre con spin intero (in unità opportune) identiche alla loro antiparticella. Nel caso delle particelle di Majorana si tratta di fermioni, particelle di spin semintero che fino ad ora non sono state osservate, poiché tale eventualità può essere dimostrata attraverso processi la cui osservazione è assai difficile. È ancora un problema fondamentale e irrisolto se il neutrino sia una particella di Dirac o di Majorana, un interrogativo a cui cercano di dare una risposta i fisici che lavorano alle frontiere della fisica fondamentale.
Secondo il Modello standard , la teoria in grado di descrivere essenzialmente tutti i fenomeni osservati in termini di interazioni fondamentali (che avvengono attraverso lo scambio di quanti elementari dei portatori di forza: il fotone per l'interazione elettromagnetica, i gluoni per l'interazione forte e i bosoni vettoriali W + , W - e Z 0 per le interazioni deboli) tutta la materia osservata nell'universo risulta spiegabile in termini di un piccolo numero di particelle elementari interagenti attraverso leggi di grande semplicità, secondo quanto dettato dalle simmetrie del modello, basato sul gruppo SU(3) ´ SU(2) ´ U(1), che combina in un'unica teoria la QCD (Cromodinamica Quantistica), una teoria delle interazioni forti tra quark e gluoni (mediatori dell'interazione forte) basata sul gruppo di simmetria SU(3) con la teoria elettrodebole (che ha unificato interazioni deboli e elettromagnetiche) basata sul gruppo SU(2) ´ U(1). Questo sviluppo rappresenta uno dei trionfi della fisica moderna, ma dal punto di vista teorico lasciava aperte una serie di domande e presentava molti punti deboli, che suggerivano l'esistenza di simmetrie ancora più profonde.
L'esistenza del neutrino di Majorana gioca un ruolo in teorie oltre il Modello Standard, che vanno alla ricerca di una teoria unificata di tutte le forze, di una più completa descrizione delle particelle fondamentali e delle loro interazioni utilizzando altri gruppi di simmetria. Se i tre tipi di neutrino oggi conosciuti sono dotati di massa e possono oscillare cambiando identità nel corso del tempo, come è stato messo ormai in evidenza dalle osservazioni degli ultimi anni, questa caratteristica implica l'esistenza di una nuova fisica oltre il Modello Standard, una vera e propria sfida per le nuove generazioni di fisici che negli ultimi settant'anni hanno imparato a creare e a utilizzare con successo i più sofisticati e astratti strumenti matematici.
Tra fisica e matematica
Nel corso di una lunga conversazione sulla teoria del neutrino, il fisico Antonio Carrelli, all'epoca direttore dell'Istituto di Fisica di Napoli, ritenne di capire che Ettore tenesse ai risultati del suo lavoro sulla “Teoria simmetrica” più che a quelli sulle forze nucleari e che fosse scettico sul carattere di sistemazione definitiva delle teorie quantististiche. A questo proposito è illuminante la lettera che Luciano Majorana scrisse il 18 giugno 1965 sotto la viva impressione destata in lui dalla lettura della Nota biografica appena scritta da Edoardo Amaldi: “Hai reso benissimo la sensazione di Ettore che tutto fosse da rifare. Egli adoperava da maestro le armi che si possedevano nelle guerra contro l'ignoto, ma la sua mente era rivolta alla ricerca di un'arma nuova, che tutto sconvolgesse semplificandolo. Era questa la sensazione che lo portava alla sua acuta critica che poteva sembrare spietata, ma che era rivolta esclusivamente alle opere e mai agli autori”. Il periodo centrale degli anni trenta fu caratterizzato da un diffuso sentimento di ambivalenza nei confronti dell'elettrodinamica quantistica, una teoria che a quell'epoca appariva spesso inadeguata per affrontare il comportamento delle particelle alle alte energie in gioco nei raggi cosmici, la cui natura si iniziava appena a intravvedere. Come tutti i fisici teorici dell'epoca, Majorana si è impegnato negli ultimi anni della sua vita per superare i nuovi formidabili scogli derivanti dal presentarsi di fenomeni la cui comprensione avrebbe richiesto ancora diversi anni.
Nell'introduzione al suo Gruppentheorie und Quantenmechanik Hermann Weyl aveva detto: “Il pensiero matematico allontana lo spirito dai tormenti del mondo verso una solitudine che rinuncia a svelare i segreti della natura, ma in compenso la matematica è meno legata al corso degli eventi del mondo rispetto alla fisica”. Majorana appare in bilico tra due universi, quello del matematico e quello del fisico, alla ricerca di forme di astrazione che gli permettono di esprimere la sua visione molto personale della realtà fisica. In una lettera a Edoardo Amaldi del giugno 1965, periodo in cui quest'ultimo stava scrivendo la biografia di Ettore, Segrè riferiva: “M. una volta mi fece delle riflessioni sulla immensità della matematica in paragone alla fisica”. Sul “Giornale” del 17 dicembre 1975 Segrè ricorda ancora che Majorana “aveva una abilità analitica, nonché numerica, eccezionali e una grande fantasia matematica. Ciò gli permetteva di risolvere problemi difficili in modi sorprendenti (e godeva della sorpresa). Tuttavia non ha lasciato lavori di matematica pura. Probabilmente essa non lo interessava abbastanza, anche se ricordo che mi vantò la vastità e libertà della matematica paragonata alla fisica, vincolata ai fatti sperimentali”. Probabilmente Segrè non ha colto il significato più profondo delle affermazioni di Majorana.In ogni caso viene la tentazione di interpretarle come un indizio di quale fosse lo spazio che dentro di lui occupava la matematica. Come diceva ancora Hermann Minkowski “La matematica deriva costantemente i più bei problemi nelle applicazioni scaturite dalle scienze naturali”, così Majorana sembra trarre ispirazione dalle problematiche del momento. Partendo da un atteggiamento pragmatico - la teoria di Dirac è un grosso passo avanti, ma ha un punto debole che rischia di comprometterne la credibilità - Majorana esplora le potenzialità del formalismo matematico secondo uno spirito più volte teorizzato da Dirac: “giocare con le equazioni per vedere cosa viene fuori”. Approda così ad una fisica apparentemente del tutto lontana dalla realtà. Nell'insieme la sua scarsa produzione scientifica appare una straordinaria avventura intellettuale, in cui fisica e matematica si intrecciano ed evolvono insieme alle regole del gioco, come constatava Dirac:
“The mathematician plays a game in which he himself invents the rules while the physicist plays a game in which the rules are provided by Nature, but as time goes on it becomes increasingly evident that the rules which the mathematician finds interesting are the same as those which Nature has chosen”.
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