domenica 29 luglio 2012

I TELOMERI e l'invecchiamento!!!!!

Si chiamano telomeri le piccole porzioni di Dna che si trovano alla fine di ogni cromosoma. La parte terminale del Dna è molto instabile: si degrada chimicamente ed è soggetta a ricombinazioni più frequenti del resto della molecola. La funzione dei telomeri è quella di impedire all’elica di sfibrarsi. In pratica agiscono come le protezioni di plastica (o di cera) che si trovano alla fine dei lacci delle scarpe.
I telomeri non contengono informazioni genetiche significative per l’espressione di una certa caratteristica. Hanno invece un importante ruolo (non ancora del tutto compreso) nel determinare la durata della vita di ciascuna cellula. Per esempio, si accorciano costantemente a ogni duplicazione. Sono costituiti da un gruppo caratteristico di nucleotidi, i mattoni base del genoma (cioè timina, adenina, guanina e citosina). Nella maggior parte dei mammiferi la sequenza telomerica è sempre la stessa, ed è TTAGGG. Alcuni ricercatori sostengono che sarebbe sufficiente rifornire di telomeri la cellula per allungarne la vita.


I telomeri sono stati portati all'attenzione del grande pubblico da quando si è incominciato ad associarli al processo d'invecchiamento. L'invecchiamento è un complesso fenomeno di degenerazione delle capacità vitali dell'organismo che, anche in assenza di malattie, porta alla morte. Si deve quindi notare che, nonostante alcuni luoghi comuni e pregiudizi, l'invecchiamento non è necessariamente associato alla malattia o a patologie più o meno invalidanti, in quanto i suoi effetti, in termini di diminuite prestazioni psicofisiche, sono osservabili anche in individui perfettamente sani.
Gli enormi passi che la genetica sta compiendo hanno fatto nascere entusiasmi forse ingiustificati nello studio delle strategie anti-età. Infatti:
a) i risultati della ricerca non sono ancora consolidati; ciò significa che delle centinaia di ricerche che sono condotte in tutto il mondo e i cui risultati compaiono sulle riviste specializzate, solo alcune diventeranno fondamentali, cioè saranno tradotte in un risultato pratico. Molte altre saranno ridimensionate oppure smentite da una migliore comprensione dei processi dell'invecchiamento.
b) Occorre distinguere fra esperimenti su animali ed esperimenti sull'uomo. La generalizzazione dei risultati alla specie umana non è per nulla scontata.
c) Occorre distinguere fra risultati parziali (su una parte dell'organismo) e risultati totali. Prolungare l'efficienza di un organo non significa necessariamente aumentare la longevità dell'organismo, così come l'immortalità cellulare non significa l'immortalità dell'uomo.


telomeri

I telomeri sarebbero orologi biologici: in seguito alla riproduzione cellulare la loro lunghezza si riduce progressivamente fino a quando non riescono più a esplicare la loro funzione protettiva nei confronti dei cromosomi. Le cellule quindi non riescono più a riprodursi correttamente, invecchiano e muoiono. Alla base del processo c'è un enzima (la telomerasi, scoperta nel 1985 all'università di Berkeley). Ogni volta che una cellula si duplica rimette una sequenza di telomeri. Quando ha dato fondo alle sue sequenze muore. La telomerasi può scongiurare questo destino sintetizzando (duplicando) sempre nuove sequenze telomeriche. Purtroppo nelle cellule somatiche l'attività telomerasica tende a scomparire e questo sembra provocare il fenomeno dell'accorciamento delle estremità dei cromosomi che sembra correlato all'invecchiamento.
Quando il telomero finisce, la cellula muore o prende la via dell'apoptosi (ciò lega la teoria dei telomeri anche al cancro) a causa di molecole come la proteina p53. Per garantire un efficace ricambio cellulare, in ogni caso, in molti tessuti dell'organismo sono presenti cellule staminali, che mantengono la corretta lunghezza dei telomeri attraverso la presenza di telomerasi attive.
Questa teoria lascerebbe poco spazio alle difese che l'individuo può attuare contro il suo orologio biologico: solo l'ingegneria genetica potrebbe modificare le cose. Infatti alcune ricerche hanno dimostrato che in alcuni casi è possibile attivare la telomerasi o bloccarla  e, conseguentemente, fermare l'orologio cellulare.
Nel 1996 la clonazione della pecora Dolly mise in allarme gli studiosi che erano alla ricerca dell'elisir dell'eterna giovinezza: la pecora era nata "vecchia", simile alla madre da cui era sta clonata. Per fortuna, quattro anni più tardi, si è visto che le cellule di sei vitelli clonati nel centro di ricerca dell'Advanced Cell Technology di Worcester (Massachusetts) erano più giovani di quelle da cui erano stati clonati: analizzando i loro telomeri si è visto che erano più lunghi rispetto a quelli dei soggetti di partenza.
Nel 2003 i ricercatori hanno scoperto che nell'uccello delle tempeste codaforcuta (Oceanodroma leucorhoa) i telomeri si estendono in maniera via via maggiore con l'invecchiamento dell'organismo.
Lo studio di Joeng (2004) prendeva in esame due insiemi di vermi (Caenorhabditis elegans), aventi come unica differenza la lunghezza dei telomeri; la ricerca ha dimostrato che l'estensione dei telomeri può allungare la vita. I vermi con i telomeri più lunghi hanno evidenziato un'aspettativa di vita mediamente superiore del 20%.
Tuttavia i limiti dell'ingegneria genetica riguardano il fatto che questi esperimenti sono stati fatti su specie sicuramente molto meno evolute di quella umana. Inoltre non è detto che ottenere singole cellule immortali corrisponda automaticamente ad avere organismi complessi immortali. In altre parole, la generalizzazione alla specie umana e all'intero organismo (corpo e mente) è un passaggio logico per niente scontato.
In ogni caso l'evento che ha accresciuto l'importanza della teoria dei telomeri è stato l'annuncio dell'università del Texas e della Geron Corporation (1998) di aver inserito la telomerasi in una cellula umana, ottenendo telomeri più lunghi e un rallentamento della senescenza cellulare.


Telomeri e Dna svelano
come le cellule invecchiano

L'invecchiamento cellulare è il prezzo che l'organismo paga per non rischiare di ammalarsi. Un meccanismo che sta diventando sempre più chiaro agli scienziati che studiano i telomeri, le estremità dei cromosomi. I telomeri sono veri cronobiografi della cellula, si accorciano ad ogni nuova duplicazione, segnando così l'inesorabile passaggio del tempo. Partendo da queste conoscenze, i ricercatori dell'Ifom di Milano guidati da Fabrizio d’Adda di Fagagna hanno aggiunto un altro tassello alla comprensione di questi processi: il Dna dei telomeri, a differenza di altre regioni della cellula, è irreparabile, e questo potrebbe essere un nuovo campanello d'allarme che precede l'invecchiamento. E' la scoperta pubblicata dal team di d’Adda di Fagagna su Nature Cell Biology.


Il processo è diventato più chiaro esaminando alcune cellule specializzate, come i neuroni, che non si dividono, non vedono quindi "accorciarsi" i loro telomeri, eppure accumulano danni al Dna e fanno scattare l'allarme "senescenza". Come fanno queste cellule a capire che invecchiano? Quello che "sapevamo dell'invecchiamento cellulare", dice a Salute24 lo scienziato, è che "esso ha una base molecolare, per cui le punte dei cromosomi, i telomeri, si accorciano, fino al punto in cui suona un allarme: la cellula si accorge così che non può più proliferare e invecchia". Da qui l'interrogativo, "poiché - continua il ricercatore - tutto ciò non aiuta a spiegare il comportamento di alcune cellule, i neuroni, ma anche delle cellule del fegato, che pur non proliferando subiscono le stesse lesioni al Dna". L'ipotesi di studio ha preso il via "osservando attentamente le cellule dopo eventi di danneggiamento, quando ci siamo accorti che in alcuni punti del genoma rimanevano accesi i caratteristici allarmi, senza che le lesioni venissero riparate", afferma D'Adda di Fagagna.

Si tratterebbe, in sostanza, di un sistema di auto-protezione
, perché "riparare, di fatto, consiste nel mettere assieme o fondere estremità separate di Dna". I i telomeri, invece, vengono tenuti fuori dall'"officina" di riparazione molecolare al lavoro nell'organismo, perché "se, invece, a essere scambiate per estremità da riunire fossero le parti terminali dei cromosomi - sottolinea - si avrebbe una fusione tra cromosomi anomala, indesiderata dalla cellula, che metterebbe a rischio la stabilità e l’organizzazione dell’intero genoma". Analoga protezione vale per il cancro. "Le cellule che invecchiano cessano di proliferare, dividersi e duplicarsi, - aggiunge lo scienziato - e questo mette un freno alla proliferazione delle cellule cancerogene". Un campo di studio nel quale si dispiega la parte più importante del lavoro del team al lavoro nei laboratori dell'Ifom, del quale fanno parte le ricercatrici Marzia Fumagalli e Francesca Rossiello. "Comprendere appieno i meccanismi precursori del tumore - conclude  Fabrizio d’Adda di Fagagna-, oppure bloccare l'invecchiamento cellulare modulando i sistemi di segnalazione dei quali stiamo studiando i segreti".

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